domenica 14 novembre 2010

L' Arte Medica ai tempi di Pericle

I seguenti due brani sono estrapolati dall' opera di Robert Flaceliere La vita quotidiana: La Grecia ai Tempi di Pericle e rappresentano una attendibile analisi di come venisse sentita e praticata la professione medica ai tempi di Pericle. I due brani si focalizzano sulla cura dei malati e sulla problematica dell' ostetricia. E' interessante considerare che anche in Italia fino al primo dopoguerra (cioè fino a soli 70 anni fa) l'organizzazione sanitaria del territorio si preoccupasse di organizzare due servizi fondamentali, un medico per tutte le esigenze ed una levatrice per l'assistenza ai parti. Non sembrerebbe quindi essere molto dissimile dalla sanità pubblica che si teneva ad Atene.

sul parto ad Atene

Le ateniesi partorivano circondate dalle donne di casa; il termina maia poteva indicare qualsiasi donna di una certa età, qualsiasi schiava esperta, capace di adempiere al compito di omphalotomos (tagliatrice del cordone ombelicale). ma nei casi difficili si faceva appello a una ostetrica o a un medico.

prima della nascita si ungeva la casa con pece, per cacciare i demoni, o perché essa proteggeva dalla contaminazione; ogni nascita comportava una contaminazione per la madre e per tutta la casa; per questo nessun parto poteva aver luogo all' interno di un santuario. quando il bambino era nato si poneva sopra la porta un ramoscello d'olivo se era un maschio, una striscia di lana se era una bambina, in segno di festa e anche per informare i vicini della nascita e del sesso del neonato.

Il quinto o il settimo giorno dopo la nascita aveva luogo la festa familiare delle anfidromie. essa consisteva in purificazioni con acqua lustrale per la madre e per tutte le persone che avevano toccato cioè avevano partecipato al parto e nella cerimonia che integrava il neonato nel gruppo sociale: egli veniva portato di corsa intorno al focolare (anfidromia significa corsa intorno). in quell' occasione si riunivano tutti i membri della famiglia. da quel momento il bambino veniva accettata dalla comunità; si era deciso che lo si sarebbe allevato e il padre di famiglia non aveva più il diritto di sbarazzarsene.


la medicina come professione libera

a dire il vero, Platone non sembra considerare la medicina come una arte liberale. ciò dipende senz' altro dal fatto che molti ciarlatani si facevano passare per medici. non esisteva, in effetti, alcun diploma e chiunque poteva proclamarsi medico. molti pretesi guaritori operavano con formule magiche o interpretando i sogni; quest'ultimo metodo era praticato in grande nel santuario di Asclepio a Epidauro, di cui riparleremo.

Ma c' erano anche veri medici. erano in generale uomini liberi. ma avveniva talvolta che un uomo ricco facesse imparare a un suo schiavo la medicina per farsi curare e i medici stessi avevano i loro schiavi che facevano da aiutanti e acquisivano così la pratica dell' arte.

la medicina, fiorente in Egitto da secoli, aveva in Grecia lunghe tradizioni che risalivano almeno all' epoca omerica. i filosofi ionici si interessavano molto alle teorie mediche e molti sofisti nel V secolo pretendevano di insegnare, fra l'altro, anche la medicina. c'era un centro di formazione medica a Cnido e forse un altro a Crotone, patria del celebre Democede, che fu medico pubblico a Egina, poi ad Atene prima di passare al servizio di Policrate di Samo e infine del re Dario. Ma sembra che la medicina, non solo empirica ma razionale, sia nata nell' isola di Coo dove la famiglia degli Asclepiadi si trasmetteva le conoscenze da essa acquisite di padre in figlio senza rifiutare di comunicarle anche ad apprendisti medici, estranei al genos.

L' illustre Ippocrate di Kos nacque verso il 460 a.C.: è il padre, se non della medicina, almeno di un metodo fondato esclusivamente sulla osservazione e la ragione e anche di un vero e proprio umanesimo medico che si esprime in modo toccante nel giuramento, nel trattato dell' antica medicina e negli aforismi del corpus hippocraticum.

I pedotribi erano costretti dalla loro attività a praticare una specie di medicina dei ginnasi. dovevano essere degli igienisti e dei dietisti per poter consigliare agli atleti il miglior regime alimentare e massaggiatori e conciaossa per ridurre le fratture, lussazioni e contusioni. Erodico di Selimbria, dopo essere stato a lungo pedotribo, si ammalò e diventò medico. C'erano medici per atleti e anche medici militari che, come si legge nell' Iliade, accompagnavano gli eserciti nelle campagne per curare i feriti, come vediamo, per esempio, nell' Anabasi. Gli apprendisti medici si formavano presso un maestro nell' arte di dare una diagnosi e una prognosi e nell'eseguire tutte le operazioni manuali necessarie, come il salasso, il clistere, l'applicazione di ventose (se ne sono trovate in corno e in bronzo). Imparavano anche a praticare alcune operazioni chirurgiche superficiali ma la conoscenza della anatomia restava molto limitata perché i costumi e la mentalità religiosa si opponevano alla dissezione dei cadaveri umani: si sezionavano solo gli animali.

Il pubblico aveva a disposizione libri di medicina e poteva procurarsi direttamente i farmaci presso il farmacopolo o farmacista che si riforniva a sua volta dal rizotomo (tagliatore di radici) perché la raccolta di piante medicinali dalla più remota antichità era considerata una parte essenziale dell' arte di guarire. ma il più delle volte i medici preparavano loro stessi le medicine che somministravano ai loro malati. avevano dei laboratori e alcuni di loro potevano anche ospitare in casa loro i malati il cui trattamento volevano sorvegliare dappresso. altri medici erano ambulanti e, come i sofisti, si recavano nelle diverse città per offrire i loro servigi. una istituzione largamente attestata e caratteristica è quella dei medici pubblici (demosioi iatroi). Abbiamo segnalato più in alto il caso di Democede di Crotone. Verso la metà del V secolo una tavoletta di bronzo di Idalion, a Cipro, ci permette di conoscere il contratto stipulato fra tale città e il medico Onasilos e i suoi fratelli che si impegnavano, dietro una retribuzione globale, a curare i feriti di guerra.

Ad Atene, i medici pubblici erano scelti dall' Assemblea dei cittadini di fronte alla quale esibivano i loro titoli. la città li retribuiva, metteva loro a disposizione un locale per le visite, le operazioni e il ricovero dei malati e le medicine erano pagate dallo stato. le spese richieste da questo servizio sociale erano coperte da una tassa speciali, l'iatricon. i malati che non avevano i mezzi per ricorrere alle cure di un medico privato erano dunque curati gratuitamente come nei moderni ospedali.

In Grecia ben raramente operavano specialisti mentre, almeno secondo Erodoto, già ne esistevano molti in Egitto. la specialità meglio conosciuta è quella dell' oculista che curava gli occhi dei clienti soprattutto con dei colliri. C'erano dentisti capaci di otturare i denti con piombo di indorarli. Una battuta scherzosa di Aristofane può far supporre che esistessero specialisti per le malattie intestinali.

Le donne potevano essere medici ma di solito erano confinate a compiti di infermiera e, soprattutto, di levatrice. Socrate era figlio di una ostetrica e Platone lo fa parlare a lungo di questa professione a proposito della sua maieutica, l'arte di far partorire le menti. Per le malattie intime le donne, per pudore, esitavano a ricorrere a un medico e facevano appello più spesso a donne del loro sesso. La nutrice di Fedra, che parla come una contemporanea di Euripide, dice alla sua padrona: "se soffri di un male che non si deve dire, ecco le donne che potranno aiutarti a calmarlo; se si tratta di un accidente che si può rivelare, parla in modo che il tuo caso sia segnalato ai medici" (Euripide - Ippolito).

Ma, oltre alle levatrici, le guaritrici, anche più dei guaritori, ricorrevano alle pratiche magiche e ai sistemi delle "mammane".

lunedì 4 ottobre 2010

Fonti di Erodoto (II)

l'urina come medicamento

" ...Fero diventò cieco nel modo seguente: ... ... allora dicono che il re, temerariamente, abbia preso un giavellotto e lo abbia gettato in mezzo ai gorghi del fiume: subito dopo si ammalò agli occhi e divenne cieco, e tale rimase per undici anni. L'undicesimo gli fu risposto dall' oracolo della città di Buto che il tempo della sua espiazione era finito e che avrebbe riacquistato la vista se si fosse lavato gli occhi con l'urina di una donna che avesse avuto contatti fisici solo col proprio marito e mai con altri uomini. Dapprima egli fece la prova con l'urina della propria moglie, ma poiché non riacquistò la vista, riprovò con quella di molte altre donne successivamente; quando infine ricuperò l'uso degli occhi, il re raccolse tutte le donne , che si erano prestate alla prova, eccetto quella dalla cui urina era stato risanato, in una città, che ora si chiama Eritrebolo, e le diede alle fiamme insieme alla città stessa. Quella, l'urina della quale l'aveva guarito, la fece sua sposa..."


l'oculista

"...quando Ciro aveva chiesto al re d' Egitto di mandargli un oculista, il migliore che si trovasse nel paese. Risentito di questo, il medico egiziano fece pressione su Cambise..."


i crani più duri

"ho constatato qui una cosa curiosa, che mi era stata segnalata dalla gente del luogo: le ossa dei caduti nella battaglia giacevano ammassate, ma separatamente (da un lato quelle dei persiani, così come erano state messe in disparte fin d'allora, e dall' altro lato quelle degli egiziani); ora i crani dei persiani sono così fragili, che solo a batterli con un ciottolo si sfonderebbero, mentre quelli degli egiziani sono così duri che neppure con una grossa pietra si riuscirebbe a spezzarli. Del fatto mi hanno dato una spiegazione, che mi ha facilmente persuaso: gli egiziani, fin da bambini, si radono il capo e così le ossa del cranio si ispessiscono sotto il sole e per questo stesso motivo essi non diventano calvi. perciò dunque essi hanno il cranio così resistente. Invece i persiani lo hanno fragile, perché sin dall'infanzia tengono la testa coperta con berretti o tiare. queste sono dunque le constatazioni che ho fatte: e di simili ne feci a Papremi sui crani dei persiani che perirono con Achemene, figlio di Dario, sotto i colpi del libico Inaro."


sulla malattia sacra (epilessia)

"in questo modo Cambise incrudelì contro i suoi più stretti congiunti, sia che ciò avvenisse per causa di Api o per altro motivo; ché tanti sono i mali che possono colpire un uomo. Si dice infatti che sin dalla nascita egli fosse affetto da una grave malattia, che alcuni chiamano sacra; nessuna meraviglia quindi che, essendo il suo corpo malato di questo morbo, non avesse sana nemmeno la mente. Ma ecco altri atti di follia da lui commessi contro altri Persiani."


presso gli indiani

"altri indiani, invece, che abitano più a oriente, sono nomadi, si cibano di carne cruda e si chiamano Padei. Si attribuiscono loro queste usanze: quando uno è malato, uomo o donna, i congiunti più stretti, se è uomo, lo uccidono, dicendo che, se lo lasciassero consumare dalla malattia, la sua carne si corromperebbe e anche se quello protesta di non essere malato, non gli danno retta, lo uccidono e lo mangiano in un banchetto. Se si tratta di una donna, che si ammala, sono le donne, sue congiunte strette, che si comportano come fanno gli uomini coi malati di sesso maschile. Se qualcuno poi giunge alla vecchiaia, anche questo i Padei lo immolano e se ne cibano: ma pochi sono quelli che arrivano a tarda età, perché, chiunque s'ammali, viene subito soppresso.

Altri indiani ancora usano così: non uccidono nessun essere vivente, non seminano e non hanno case. Si cibano di erbe: cresce spontaneamente presso di loro una specie di granello, grande press'a poco quanto il miglio e avvolto in un baccello. Essi lo raccolgono, lo fanno bollire insieme col baccello e lo mangiano. Se uno di loro si ammala, si ritira nel deserto e nessuno si cura di lui né durante la malattia né a morte avvenuta."


i migliori medici greci

"Quando già erano stati trasportati a Susa i tesori di Orete, accadde, poco tempo dopo, che Dario, saltando da cavallo durante una caccia grossa, si distorse gravemente un piede, slogandosi l'astragalo. Sempre egli aveva tenuto presso di sé dei medici egiziani, che avevano fama di essere i migliori del mondo: perciò anche in quell'occasione ricorse alle loro cure. Ma essi, sebbene torcessero e sforzassero il piede, non fecero che peggiorare le cose: per sette giorni e sette notti il re non riuscì a prendere sonno per le continue sofferenze: infine, l'ottavo giorno, poiché stava sempre peggio, un tale, che aveva già sentito vantare a Sardi l'abilità di Democede di Crotone, ne parlò a Dario, che comandò glielo conducessero al più presto. Lo trovarono confuso fra gli schiavi di Orete e di là lo trassero al cospetto del re, coi ceppi ai piedi e coperto di cenci.

Dario, come se lo vide davanti, gli domandò se davvero conosceva l'arte della medicina: e quello, temendo che, se rivelava il suo vero essere, non avrebbe potuto mai più ritornare in patria, disse di no. Ma il re, convinto che egli fosse un medico esperto, ordinò a quelli che glielo avevano condotto di portare delle sferze e dei pungoli. Allora Democede confessò di conoscere la medicina, ma non perfettamente, di averne solo qualche nozione per aver praticato molto con un medico. Comunque Dario si affidò alle sue cure e Democede, servendosi dei sistemi greci e applicandogli prima un trattamento energico e poi dei calmanti, gli diede la possibilità di dormire e infine lo guarì in breve perfettamente, quando ormai il re disperava di poter più usare del suo piede come una volta. Per questo servigio Dario donò a Democede due coppie di ceppi d'oro, al che questi gli domandò se riteneva di compensarlo equamente della guarigione, infliggendogli un doppio castigo. Piacque il rilievo a Dario, che mandò il medico presso le sue donne, alle quali gli eunuchi lo presentarono come colui che aveva ridato la vita al re; ognuna delle donne, pertanto, attingendo con una coppa da un forziere, donò a Democede dell' oro, in tale quantità, che il servo, di nome Schitone, che lo seguiva, raccattando le monete che cadevano fuori dalla coppa, ne raccolse un bel numero.

Democede, proveniente da Crotone, aveva fatto conoscenza con Policrate nel seguente modo: a Crotone conviveva col padre, uomo facile all'ira, per cui, non potendo più sopportarlo, lo lasciò e andò a stabilirsi ad Egina. Stabilitosi colà, in un anno superò in abilità tutti i medici del luogo, sebbene fosse sprovvisto dei mezzi e degli strumenti necessari alla sua professione, tanto che l' anno dopo gli Egineti gli fissarono lo stipendio di un talento. Nel terzo anno gli Ateniesi lo stipendiarono per cento mine, nel quarto Policrate gli offrì due talenti, e fu così che egli si trasferì a Samo. Non poca fama venne ai medici di Crotone grazie a Democede: si disse anzi che essi erano, a quei tempi, i migliori medici greci, seguiti da quelli di Cirene.

Dopo aver guarito Dario, Democede ebbe a Susa una grande casa e divenne commensale del re e nulla gli mancava, salvo una cosa: la libertà di tornarsene in Grecia. Per sua intercessione i medici egiziani, che prima curavano il sovrano e stavano per essere impalati, perché si erano lasciati superare dal medico greco, furono graziati: e così pure l'indovino di Elea, che aveva fatto parte del seguito di Policrate ed era rimasto dimenticato fra gli schiavi di Orete. Insomma, Democede divenne un personaggio molto influente alla corte di Dario.

Dopo poco tempo avvenne che ad Atossa, figlia di Ciro e moglie di Dario, si sviluppò un tumore nella mammella, che poi scoppiò e cominciò a propagarsi per tutto il corpo. Finché il tumore fu piccolo, Atossa lo tenne nascosto a tutti per pudore e non ne parlò con nessuno: ma poi, essendosi il male aggravato, mandò a chiamare Democede e glielo mostrò. Questi le promise di guarirla, ma le fece giurare che avrebbe fatto per lui qualunque cosa le avesse chiesto, assicurandole però che non avrebbe preteso da lei nulla di disonorevole."


presso i Budini

"i Budini non hanno né la stessa lingua né lo stesso modo di vivere dei Geloni: sono autoctoni e nomadi e, soli fra i popoli della regione, mangiano i pinoli. I Geloni invece lavorano la terra, si cibano di grano, coltivano gli orti e differiscono anche nell' aspetto e nel colore della pelle. Tuttavia i Greci erroneamente chiamano Geloni i Budini. Il loro paese è coperto di dense foreste di alberi di ogni specie; nella più vasta di esse c'è un lago grande e profondo, contornato da acquitrini e canneti; nel lago si catturano lontre e castori e altri animali col muso quadrato, con le pelli dei quali, cucite insieme, si fanno fodere per i mantelli: i testicoli vengono usati per curare le malattie dell' utero."


rimedi per il catarro

"a occidente del lago Tritonide i libici non sono più nomadi, hanno usi diversi e non fanno più ai loro figli ciò che sogliono fare i libici. infatti questi ultimi -se tutti non posso dire con sicurezza, ma certo la maggior parte- quando i bambini hanno quattro anni, bruciano loro con lana di pecora non sgrassata le vene della parte superiore del capo e alcuni anche quelle delle tempie, per evitare che nel resto della loro vita soffrano del catarro che scende dalla testa: ritengono così di mantenere i bambini più sani. In verità i libici, fra tutti i popoli che conosciamo, sono quelli che godono una salute migliore; se ciò sia per l'uso che ho detto dinanzi, non lo posso asserire, ma certo è che sono sanissimi. Se ai bambini , mentre li cauterizzano, sopravvengono le convulsioni, applicano questo rimedio da loro scoperto: li annaffiano di urina di capra e così li guariscono. Dico cose che sono i libici stessi ad affermare.

lunedì 20 settembre 2010

Fonti di Erodoto (I)

Lo storico Erodoto 484 - 425 a.C. è, assieme a Tucidide e Senofonte, tra i maggiori storici dell' età classica dell' antica Grecia. La narrazione di Erodoto, pur proponendosi spesso di raccontare avvenimenti rilevanti dal punto di vista storico, come le guerre Persiane o altri avvicendamenti politici, in realtà si distingue da quella dei suoi contemporanei (e del resto da quella della maggior parte di altri storici) per la capacità di cogliere nella narrazione il momento per lunghe digressioni per raccontare usi, costumi, credenze ed episodi caratteristici dei popoli protagonisti. Così è soprattutto tramite Erodoto che abbiamo uno spaccato, anche della vita quotidiana, di molti popoli che altrimenti avremmo difficoltà ad immaginare, e così è grazie a lui che possiamo conoscere aneddoti sull' attività medica, sulla conoscenza dell' arte e sulla sua reputazione in mondi altrimenti perduti. L' unico problema, per noi, è che Erodoto non è stato accurato come altri nel ricercare l'affidabilità delle fonti: così, affianco a dettagliate e correttissime descrizioni dell'arte imbalsamatoria presso gli antichi egizi, abbiamo storie di cure "miracolose" o altre poco verosimili, in cui si è dato più spazio alla narrazione ed alla fantasia che aderenza alla realtà. Ciò nonostante rimane l'opera di Erodoto di massimo rilievo per chi, come noi, è molto curioso di conoscere la nostra attività nel passato, le conoscenze igieniche ed i farmaci dell'epoca. Qui è stato raccolta dall' opera maggiore, LE STORIE, una serie di brani in cui compare l'arte medica.

medici di babilonia

"un altro saggio consumo della Babilonia è di portare i malati fuori di casa, in piazza, dal momento che non esistono medici. I passanti si avvicinano all'infermo e gli dànno consiglio per la sua malattia o perché ne hanno sofferto essi stessi o perché hanno conosciuto qualcuno che ne soffriva. non è lecito passare accanto a un malato senza chiedergli di che male è affetto.


igiene tra gli egiziani

"gli egiziani sono i più osservanti, fra tutti i popoli, in materia di religione, ed ecco alcune norme da essi seguite: bevono in tazze di bronzo, che puliscono ogni giorno, tutti, senza esclusione alcuna. vestono abiti di lino, sempre lavati di fresco, e in questo sono scrupolosissimi. praticano la circoncisione per ragioni di pulizia, e preferiscono essere puliti che belli. i sacerdoti si radono tutto il corpo ogni due giorni, per timore che i pidocchi o altri insetti immondi contaminino coloro che servono la divinità: e indossano solo una veste di lino e calzari di papiro, né sarebbe loro lecito usare altra veste o altra calzatura. si lavano due volte al giorno con acqua fredda e due volte durante la notte, e si costringono a una infinità di altre pratiche. godono però anche di non pochi vantaggi; per esempio non consumano né spendono nulla del proprio, perché vivono di cibi preparati con cereali sacri, e ognuno di loro ogni giorno dispone di molta carne di bue e di oca, senza contare che viene distribuito loro vino d'uva. in egitto non si seminano fave e, se ne nascono spontaneamente, non vengono mangiate né crude né cotte: i sacerdoti poi non ne tollerano nemmeno la vista, ritenendole un legume immondo. non esiste un unico sacerdote per ogni dio, ma molti, di cui uno esercita la funzione di capo e, quando muore, gli succede nell'ufficio il figlio.


la fenice

"ma c'é un altro uccello sacro in egitto, che si chiama fenice. Io non l'ho visto se non dipinto: infatti esso appare in egitto molto raramente; a quanto dicono gli eliopolitani, ogni cinquecento anni, quando gli muore il padre. Se le pitture sono fedeli, questo è l' aspetto e queste le dimensioni della fenice: ha le penne parte d'oro, parte rosse, ed è simile per grandezza all' aquila. Dicono che essa compia cose meravigliose, che a me non sembrano credibili. Dicono cioè che, partita dall' Arabia, trasporta il corpo del proprio padre nel tempo del Sole, avvolto nella mirra, e qui lo seppellisce. E lo trasporterebbe in questo modo: prima fa con la mirra un grosso uovo e vi introduce il padre, poi con altra mirra tappa il buco fatto nell' uovo, in modo che, introdotto il cadavere, il peso sia lo stesso, e infine, così spalmatolo di mirra al di fuori, trasporta l'uovo con dentro il corpo in Egitto, nel tempio del Sole. Così farebbe dunque la fenice, a quanto dicono.


ancora salute tra gli egiziani

"..gli egiziani, quelli almeno che abitano la parte coltivata del paese, pongono, più di qualsiasi altro popolo, grande studio nel serbare il ricordo delle cose passate e per questo sono gli uomini più dotti che io abbia mai incontrato. ecco qual è il loro sistema di vita: si purgano tre giorni di seguito al mese e si conservano la salute con emetici e enteroclismi, poiché ritengono che tutte le malattie degli uomini abbiano origine dai cibi ingeriti. gli egiziani sono, dopo i libici, gli uomini più sani del mondo , e credo che cioò sia in grazia del loro clima, che non conosce mutamenti di stagione; infatti è proprio dal cambiamento di stagione che derivano di solito alla gente la maggior parte delle malattie. mangiano pane fatto di spelta, che chiamano "chillesti", bevono vino d'orzo, perché non hanno vigneti nel loro paese. dei pesci alcuni li mangiano crudi, dopo averli fatti seccare al sole, altri conservati in salamoia. degli uccelli mangiano crude, condite con sale, le quaglie, le anatre e gli uccelli piccoli; gli altri, pesci o uccelli, tranne quelli considerati sacri, li mangiano cotti a lesso o arrostiti.


medicina in egitto

"la medicina è ripartita in modo che vi è un medico per ogni genere di malattia, sicché tutto l'egitto è pieno di specialisti: ve ne sono per gli occhi, per la testa, per i denti, per il ventre e infine per le malattie d'origine incerta.


il cadavere a imbalsamare

"Vi sono persone preposte particolarmente a questa arte, le quali, quando viene portato loro un cadavere, mostrano a coloro che lo portano modelli in legno di cadaveri, dipinti al naturale, e dicono loro che perfetta fra tutte è l'imbalsamazione che riproduce quella cui fu sottoposto colui che stimerei sacrilegio nominare a questo proposito (Osiride, la cui imbalsamazione fu eseguita dal dio Anubi): mostrano poi loro un modello del secondo tipo di imbalsamazione, meno perfetto del precedente e di minor prezzo, e infine ne mostrano un terzo, che costa meno dei precedenti. Dopo di che chiedono ai parenti quale vogliono per il loro morto. Questi, accordatisi sul modello e sul prezzo, se ne vanno e gli imbalsamatori nel loro stesso laboratorio procedono all' operazione in modo accuratissimo. Prima con un ferro ricurvo estraggono attraverso le narici il cervello o, meglio, in parte lo estraggono, in parte lo dissolvono, versandovi sopra delle droghe. Poi con una pietra etiopica (forse un coltello di ossidiana) acuminata fanno un' incisione lungo l'addome, da cui estraggono tutti i visceri; purificano la cavità svuotata con vino di palma e poi ancora con aromi in polvere. Dopo di che lo riempiono di mirra pura tritata, di cannella e di altre spezie, incenso escluso, e infine ricuciono. Fatto questo, impregnano il morto di sodio puro, lasciandovelo immerso per settanta giorni; lavato il cadavere, lo avvolgono in fasce tagliate da un drappo di bisso e spalmate di quella gomma che gli egiziani usano in luogo della colla. Allora i parenti i riprendono il morto, gli fanno fare una cassa di legno dalla sagoma umana e ve lo ripongono: chiusa la cassa, la collocano nella tomba di famiglia, ritta contro una parete. Questo è il sistema di imbalsamazione più costoso.

Con coloro invece che hanno scelto il sistema intermedio, per evitare una spesa troppo forte, si comportano come segue: preparati degli enteroclismi, riempiono il ventre del morto di olio di cedro, senza inciderlo e senza estrargli le viscere, ma iniettando il liquido dal basso e impedendo che esca dall' orificio da cui è entrato. Poi mettono il cadavere nel sale per il numero di giorni prescritto. (cioè 70) L'ultimo giorno estraggono dalla cavità del ventre l'olio di cedro, che vi avevano introdotto ed esso è di tale potenza, che trascina fuori con sé gli intestini e gli altri visceri ormai macerati: le carni, invece, vengono dissolte dall' olio, e del corpo rimangono solo la pelle e le ossa. Fatto questo, riconsegnano senz' altro il cadavere a quelli che lo avevano affidato loro.

Il terzo sistema, che è praticato coi poveri, consiste nel pulire l'intestino con un enteroclisma e impregnare il corpo di sale per i settanta giorni stabiliti, dopo di che esso viene riconsegnato ai parenti perché se lo portino via.

Le mogli degli uomini importanti non vengono consegnate, appena morte, all'imbalsamatore, e neppure le donne di bellezza considerevole o di grande fama: la consegna avviene dopo tre o quattro giorni. E così si fa, perché gli addetti all' operazione non abusino del cadavere: dicono infatti che una volta uno di costoro fu sorpreso, su denuncia di un compagno di lavoro, mentre si univa carnalmente con il cadavere di una donna appena morta."


zanzariere

"Contro le zanzare numerosissime, quelli che abitano a nord delle paludi, hanno escogitato il sistema di andare a dormire in cima a certe loro torri: infatti le zanzare, causa i venti, non riescono a volare molto in alto. Quelli invece che abitano nella zona paludosa, hanno trovato altri mezzi di difesa invece delle torri. Ognuno di loro è in possesso di una rete, colla quale di giorno prende i pesci e di notte vi avviluppa il letto dove dorme; dopo di che vi si introduce, e così riesce a dormire, da essa protetto. Le zanzare, se si dorme avvolti in un mantello o in un lenzuolo, mordono attraverso il tessuto: invece attraverso la rete non ci si provano nemmeno."


venerdì 6 agosto 2010

Le Storie di Mileto

I due seguenti passi vengono tratti dalla raccolta "Storie di Mileto", A. Mondadori, a cura di Paola Ferrari. La raccolta si propone di individuare in numerosi passi di svariati autori della letteratura classica latina e greca elementi della perduta Fabula Milesia. Oltre ad essere presenti interessantissimi spaccati di vita quotidiana, forse nei suoi elementi più maliziosi, sono talora presenti anche episodi di storia della medicina. Questa volta, ovviamente, le descrizioni non descrivono eroiche gesta mediche o brillanti scoperte, ma piuttosto il ruolo del Medico dell' epoca nella sua pratica quotidiana così come la percezione delle malattie per l'epoca.

Nel brano di Senofonte Efesio è infatti interessante la descrizione dell' Epilessia, la malattia sacra, mentre in quello di Aristeneto è divertente leggere come operava il medico dell' epoca e quale fosse il suo status sociale.


SENOFONTE EFESIO, ANZIA E ABROCOME V, 7.

Dopo un po' di tempo, il lenone che aveva comprato Anzia la obbligò a mettersi in mostra davanti al bordello. Le fece indossare un abito vistoso e molti gioielli, e la condusse là dove la ragazza avrebbe dovuto offrirsi ai clienti. Lei si lamentava disperatamente, e diceva: "povera me, quante disgrazie! non è abbastanza quel che mi è capitato: le catene, i pirati? Ora sono costretta anche a fare la prostituta! Non ho ragione di disprezzare la mia bellezza, che rimane con me solo per procurarmi dei guai? Ma farei meglio a smettere di lamentarmi e a trovare un mezzo per conservare la castità che finora sono riuscita a difendere". Mentre diceva così, veniva trascinata al bordello, e intanto il lenone un po' le faceva animo, un po' la minacciava. Quando arrivò e fu messa in mostra, accorse una folla di persone che ammiravano la sua bellezza, e i più erano pronti a pagare per soddisfare il loro desiderio.

-La disgrazia sembrava irreparabile, ma la ragazza trovò una via di scampo: cade a terra, fa vibrare tutto il corpo, e si comporta come quelli che soffrono della malattia chiamata "sacra". I presenti furono presi da pietà mista a paura; rinunciarono a ogni appetito sessuale e si presero cura di Anzia. Il lenone capì la sfortuna che gli era capitata e, convinto che la ragazza fosse davvero malata, la portò a casa, la fece distendere e si occupò di lei; quando sembrò che stesse meglio, le chiese la causa della malattia. Anzia gli rispose:

"Già da un po' di tempo avrei voluto rivelarti la mia disgrazia, padrone, e spiegarti quel che mi capita; ma ho avuto vergogna e ho taciuto. Ora però non c'è più motivo che stia zitta, visto che ormai sai tutto sul mio conto. Quando ero ancora bambina, una volta presi parte a una festa: durante la veglia notturna mi allontanai dai miei parenti e finii vicino alla tomba di un uomo morto da poco; qui mi sembrò che qualcuno balzasse fuori dal sepolcro e cercassi di prendermi. Io fuggii gridando, perché quell' uomo aveva un aspetto spaventoso, e una voce ancora più terribile; alla fine si fece giorno, e lui mi lasciò andare; ma prima mi colpì al petto, e disse che mi aveva trasmesso questa malattia. E da allora, di tanto in tanto, sono soggetta agli attacchi del male, in forme sempre diverse. Ma ti supplico, padrone, non essere arrabbiato con me: la colpa non è mia. Tu puoi sempre rivendermi senza perdere nulla della somma che hai pagato per me."

Il lenone non fu affatto contento di sentire queste cose, ma non se la prendeva con lei, perché non era colpa della ragazza se si trovava in quelle condizioni.


ARISTENETO, Epistole I, 13 (Euticobulo ad Acestodoro)

Grazie alla lunga esperienza ho imparato anche questo, carissimo: perfino la scienza ha bisogno della fortuna ,e la fortuna a sua volta può essere sfruttata appieno solo grazie alla competenza. La scienza infatti non dà risultati se non è sostenuta dal dio, mentre la fortuna si esalta se offre la buona occasione a chi la sa sfruttare. Ma mi rendo conto che questa premessa è anche troppo lunga per chi ha fretta di ascoltare: veniamo dunque a i fatti, senza altri indugi. Caricle, il figlio di quel brav' uomo di Policle, era malato d'amore per una concubina del padre e languiva a letto: simulava una sofferenza fisica non meglio definita, ma in realtà era l'anima la sede della malattia. Il padre allora, da buon genitore affezionato al figlio, chiamò subito il medico Panaceo, un dottore davvero degno del suo nome. Costui appoggiò le dita sul polso e prese a spaziare con la mente nei più alti cieli della medicina. L' espressione dei suoi occhi tradiva con quanta concentrazione cercasse di formulare la diagnosi: ma non seppe trovare alcuna malattia nota all' arte medica. Per molto tempo l'illustre dottore non seppe che pesci pigliare; ma ecco che per caso la donna passò vicino al ragazzo: subito il polso accelerò e divenne irregolare, lo sguardo si velò e il viso denotava turbamento, esattamente come il polso. Da questi due segni Panaceo diagnosticò la malattia, ottenendo, grazie alla buona sorte, il successo che l'abilità gli aveva negato; ma tenne per sé la sua buona fortuna, riservandosi di parlare al momento opportuno. E, in occasione della prima visita, le cose andarono così. Quando tornò una seconda volta, ordinò che ogni ragazza e ogni donna della casa passasse davanti al letto dell' infermo, non a gruppi, ma a una a una, separate l' una dall' altra da un breve intervallo. E intanto tastava con le dita l'arteria del polso, che per i discepoli di Asclepio è l'ago della bussola, la spia infallibile del nostro stato di salute. Il malato d' amore rimaneva tranquillo davanti alle altre donne; ma quando apparve la concubina di cui era innamorato, subito lo sguardo e il polso gli si alterarono. Il medico, non meno fortunato che abile, fu ancor più sicuro in cuor suo della diagnosi e disse fra sé: "il terzo colpo è quello buono". Per quel giorno se ne andò, con il pretesto di dover preparare la medicina richiesta dalla malattia; promise di portarla il giorno dopo, e intanto confortava l'infermo con parole di speranza e consolava il padre addolorato. All' ora stabilita era di ritorno: il padre e tutti gli altri gli andarono incontro salutandolo amichevolmente e chiamandolo "salvatore". Ma quello esplose in grida di collera e dichiarò sdegnosamente di non volersi più occupare del caso. Policle si mise a supplicarlo, e gli chiese il motivo di quella decisione; ma lui gridava a voce ancor più alta il suo sdegno e manifestava l'intenzione di andarsene al più presto. Il padre lo supplicava ancora più insistentemente, baciandogli il petto e abbracciandogli le ginocchia. Allora, finalmente, il medico si lasciò indurre a spiegare, con parole piene di stizza, la ragione della rinuncia: "Questo qui è innamorato pazzo di mia moglie, è preda di una passione empia, e io sono geloso di lui e non sopporto la vista di chi minaccia il mio matrimonio". Policle, nell' udire la malattia del figlio, arrossì di vergogna, e si sentiva in imbarazzo alla presenza di Panaceo; tuttavia, dando ascolto solo alla voce del sangue, non esitò a implorare il medico di mettere a disposizione sua moglie: non si trattava, a suo dire, di adulterio, ma di un rimedio salutare e necessario. Mentre Policle ancora formulava queste preghiere, Panaceo si mise a urlare: fuori di sé, diceva quel che era naturale che dicesse un uomo a cui si chiedeva, sia pure facendo salve le forme, di trasformarsi da medico in mezzano e di cooperare alla seduzione della sua stessa moglie. Ma Policle tornava alla carica e insisteva a chiamare la cosa un mezzo di guarigione e non un adulterio. E allora il furbo medico gli presentò sotto forma di ipotesi quel che era accaduto davvero, e gli chiese: "Ma senti un po' per Zeus, se il ragazzo fosse innamorato della tua concubina, ti sentiresti di cedergliela?". "Certamente, per Zeus!" rispose quello. E allora l'astuto Panaceo replicò: "Supplica dunque te stesso, Policle, e trova le parole adatte per convincerti. E' la tua concubina quella che costui ama. Se è giusto, come dicevi, che io consegni mia moglie al primo venuto perché si possa salvare, a maggior ragione è giusto che tu dia la tua concubina al tuo figliolo in pericolo." Il ragionamento era ben congegnato, e la conclusione inoppugnabile: il padre si dovette convincere a rispettare i suoi impegni. Non prima però di aver commentato fra sé: "Non è una richiesta da poco! Ma se la scelta è fra due mali, bisogna scegliere il male minore".

martedì 20 luglio 2010

Altri medici alchimisti

Agrippa di Nettesheim, Heinrich Cornelius.

Filosofo, medico ed astrologo tedesco (Colonia 1486 - Grenoble 1535). Fu medico della regina madre Luisa di Savoia, poi storiografo e archivista sotto l'imperatore Carlo V. Nel De occulta philosophia (1510), dedicato al suo maestro G. Tritemio, A. si rifà alla fiorente tradizione rinascimentale del pensiero cabalistico-neoplatonico: seuendo le orme di G. Pico della Mirandola, Ficino e Reuchlin, l'uomo è considerato sotto la specie del microcosmo, riproducente nel proprio essere l'ordine trino dell' universo (fisico, celeste e intelegibile) e messo in grado di conoscere e dominare la natura attraverso la magia (naturale, astrologica e religiosa) e la contemplazione. Il De incertitudine et vanitate scientiarum et artium (1530) dà adito a sua volta ad una critica radicale delle scienze nel loro aspetto dogmatico, sviluppando un relativismo razionalistico che sfocia nel fideismo. La sua opera influì largamente sulla filosofia del Cinque-Seicento, in particolare sul naturalismo di Bruno e sullo scetticismo di Montaigne e Charron, preludio al pensiero dei cosiddetti libertini.


fonte l'enciclopedia di repubblica.


Alesandro conte di Cagliostro.

Avventuriero siciliano (Palermo 1743 - San Leo 1795). Dopo aver appreso i rudimenti della medicina viaggiò in gran parte d' Europa presentandosi come taumaturgo e dotato di poteri straordinari. Fondò a Bordeaux una loggia massonica a cui erano ammesse anche le donne. Espulso dalla Francia, riparò in Inghilterra, poi in Svizzera e quindi in Italia. Accusato di attività truffaldina fu condannato a morte e poi al carcere a vita nella fortezza di San Leo, dove morì. Cagliostro si inserì prepotentemente in quel filone di irrazionalismo spiritualista che si dispiegò nel corso dell' intero "secolo dei lumi". La figura tutta settecentesca del conte di Cagliostro, circondata da un alone di mito, suggestionò, accanto a storici e occultisti, scrittori come W. Goethe e A. Dumas.


fonte l'enciclopedia di repubblica.


Raimondo di Sangro, VII principe di Sansevero.

Non fu medico, ma brillante anatomista, oltre che esoterista, alchimista, massone, inventore e letterato italiano. Fu uno dei tanti geni del Settecento Napoletano, che resero appunto la città di Napoli faro e ispirazione di cultura per l'intera europa (Torremaggiore, 1710 - Napoli, 1771). Di nobilissimi natali, visse a Napoli gran parte della sua vita nella sua residenza a piazza san Domenico, e la maggiore fama la ottiene per via della Cappella San Severo, splendido monumento del barocco napoletano che racchiude tutta la personalità del principe: dal punto di vista artistico vengono infatti chiamati a scolpire per la cappella di famiglia i maggiori scultori dell' epoca napoletani, ma le tecniche pittoriche e scultoree, come ad esempio il cristo velato, sono frutto di metodiche alchemiche, conoscenze segrete del principe. Dal punto di vista medico sono per noi importanti le Macchine anatomiche, perfette ricostruzioni in scala reale del corpo umano e del sistema vascolare, ottenute secondo la leggenda iniettando nel circolo sanguigno un composto di sua invenzione in malcapitati ancora in vita. Si interessà anche di medicina, suggerendo estratto di pervinca, cura ancora oggi proponibile, per il trattamento del cancro dello stomaco. Ma forse l'opera di maggiore mistero e genio fu quella di rendere la cappella gentilizia di famiglia un vero tempio massonico, che osservato da due diverse angolazioni può ora apparire come una normale chiesa ora presenta invece una disposizione a tempio massonico perfetta con innumerevoli figure che interpretano tutta l'allegoria massonica e alchemica. Questo suo spirito geniale, assieme all' interesse per l'occultismo e al pericolo in quanto maestro massonico lo resero inviso alle falange più modeste della popolazioni, ora accusato anche di stregoneria, fintanto che anche il re Ferdinando, non alla stessa altezza intellettuale di Carlo III, ne disporrà per alcuni mesi l'arresto. A noi rimane una gloria nostrana, splendida figura per quel che attiene l'alchima, l'occultismo e che da buon alchimista ebbe anche di che dire nella medicina.


fonte: wiki auf italienisch.

martedì 22 giugno 2010

i medici alchimisti: PARACELSO

Philippus Theophrastus Aureolus Bombast von Hohenheim (1493 Egg bei Einsiedeln- 1541 Salisburgo) fu medico, alchimista, astrologo, mistico, teologo e filosofo. Scelse di essere noto come Paracelso, forse come parafrasi latinizzata di Hohenheim oppure ispirato dall' antico medico Celso. Figlio di medico, ebbe dal padre il primo contatto con la medicina. Incominciò a studiare a Basilea e, dopo circa 12 anni di Grand-Tour per l'Europa, cui fu tappa importante Ferrara, concluse a Vienna gli studi. 081Basilea e Salisburgo sono state le più importanti città della sua vita, a Basilea ebbe l'opportunità di insegnare all' università, dove privilegiò la lingua tedesca come lingua del popolo e scontrandosi con l' autorità universitaria tradizionale che preferiva invece il latino; inoltre fece conoscenza con importanti umanisti dell' epoca, come Erasmo da Rotterdam, Wolfgang Lachner e Giovanni Ecolampadio. Al contrario ebbe importante ruolo politico a Salisburgo, dove tornò pochi mesi prima di morire. Morì probabilmente per colpa di un suo trattamento con piombo nel tentativo di curare una otite dell' orecchio medio da lui stesso diagnosticata. Nonostante la sua opera ebbe grande diffusione dopo la sua morte, essendo considerato anche al giorno d' oggi una pietra miliare nella storia della medicina, fu molto aspra la critica contemporanea e successiva alla sua opera, in particolare dai tradizionalisti che seguivano l'insegnamento classico e galenico dei 4 umori come teoria eziopatogenetica delle malattie, dove lui invece era sostenitore di una dimensione nuova, sì che comprendeva anche una metafisica nella teoria delle malattie, ma che introduceva però un ruolo diverso dell' osservazione medica e soprattutto una catalogazione molto più dettagliata delle malattie ed un trattamento farmacologico altamente innovativo. La sua rottura con la tradizione gli fecero guadagnare l'appellativo di Lutherus medicorum.

Nei libri Paramirum, Paragranum e Astronomia Magna (Philosophia Sagax) è contenuto il fulcro dei suoi insegnamenti, in medicina come in teologia, astrologia e alchimia.

Conseguentemente alle esperienze di vita, molto della sua attività medica è riflesso della sua attività come teologo e come alchimista.

Per Paracelso la medicina si basa sulla natura e sul divino. Per la comprensione di tutte le cose del mondo e quindi anche della malattia e della sua corretta terapia sono importanti per il medico sia i rilievi obiettivi empirici sia soprattutto l' osservazione del Grande e dell' Intero; infatti il corpo in carne ed ossa è soltanto una parte del vero ed intero Corpo umano. Solo chi con duro lavoro riceve l'illuminazione divina può guardare al mondo con occhi diversi e comprenderne la natura. Di conseguenza per diventare un buon medico con gli insegnamenti di Paracelso occorre avere grande competenza in almeno 4 discipline che sono alla base della natura e anche della medicina: la filosofia, intesa come amore per la verità e la conoscenza, l' astronomia, intesa come conoscenza degli astri interni, l' alchimia e la rettitudine morale. La fisiopatologia delle malattie si basa invece su 5 principali enti in grado di provocare malattia: Ens Astrorum o anche Ens Astrale, l'influsso delle stelle; Ens Veneni, come avvelenamenti; Ens Naturale, inteso come costituzione fisica; Ens Spirituale, inteso come l'anima; Ens Dei, l'influsso divino. Ogni malattia si fonda quindi su di una o più di queste cause, e l' effetto di una di queste può venire potenziato o ridotto dal diverso valore di un' altra (ad esempio, un avvelenamento può essere più grave nei confronti di un malato che ha già una scarsa costituzione naturale, fisica). Il medico quindi deve prima fare una buona diagnosi su quale possa essere l'origine della malattia. Uno o più dei succitati fattori è quindi in grado di alterare un equilibro di tre sostanze fondamentali che sono nel nostro organismo: Zolfo, Mercurio e Sale. La cura quindi si basa sul riottenimento dell' equilibrio che si è alterato, somministrando un farmaco più o meno ricco dell' elemento che è andato a ridursi. Ma affianco all' utilizzo e all' affinamento di terapie, erbe mediche e medicinali già noti all' epoca, Paracelso introduce elementi che si rifanno al Simbolismo alchemico e che vengono estratti e prodotti utilizzando metodiche alchemiche. Paracelso si rifà al principio ermetico dell' armonia tra l'uomo ed il microcosmo e il mondo ed il macrocosmo. Così vengono prese in considerazione anche caratteristiche esterne come la forma ed il colore di piante, che hanno effetto nel trattamento: per esempio vengono utilizzati fiori che hanno forma di cuore per curare le malattie cardiache, radici voluminosi per il trattamento delle tumefazioni lebbrose, Cardi spinosi per ferite e punture toraciche. Logicamente uomini e donne necessitano quasi sempre di presidi terapeutici differenti. E' molto rilevante l'eredità di Paracelso, sia nella metodologia medica e nel rilievo dei sintomi, sia soprattutto nell' introduzione dell' utilizzo dei metalli per la cura delle malattie, trattamento che a lungo è stato efficace nel trattamento di alcune malattie, si pensi ad esempio al detto "una notte con Venere porta ad un anno con Mercurio", che si riferisce al trattamento della Sifilide con Mercurio, introdotto appunto dal maestro Paracelso. L' ermeticità alchemica delle opere di Paracelso sono la causa della difficoltà interpretativa, specie riguardo alle doti del Medico, alle sue capacità morali e di conoscenza del macro e micro cosmo come base fondamentale costitutiva della sua professione. Ciò è dovuto probabilmente al fatto che Paracelso oltre che medico era anche alchimista, teologo, astrologo, filosofo, e quindi immaginava una figura del medico completamente diversa dallo scienziato professionista che è oggi.

giovedì 13 maggio 2010

ALCHIMIA

l' Alchimia è un antico ramo della filosofia naturale che scomparve nel diciassettesimo e diciottesimo secolo per via della moderna chimica e farmacologia. spesso viene considerata la "creazione" d' oro e altri metalli nobili come il principale obiettivo degli alchimisti. in realtà pur ricorrendo all'interno dell' Alchimia alcune temi fissi, come l'obiettivo di una crescita interna dell' alchimista, la creazione di una panacea per tutte le malattie e ovviamente la scoperta della pietra filosofale, l' Alchimia era la rappresentazione di un mondo scientifico del tempo, che si difendeva dall'ignoto utilizzando codici segreti e che univa al profondo significato scientifico dell'opera una certa metafisica di stampo esoterico di modo da creare un certo settismo all'interno dei suoi adepti, quasi come una religione della scienza.


etimologia

sull'origine stessa del termine, si rimanda alle antiche lingue arabe, greca e d'egitto, per cui il termine significherebbe ora pietra filosofale, ora fondere, ora arte egizia. presumibilmente le radici dell'alchimia si perdono nel tempo, dato che tal modo di vedere la scienza, tali obiettivi sono presenti in numerose culture dell'intero globo; i due rami principali dell' alchimia, tra l'altro, sono quello occidentale e quello cinese.


campo d'interesse

L' Alchimia come produzione scientifica sicuramente si è interessata anzitutto di chimica e medicina. Gli autori alchemici ricercavano nei loro laboratori, con uno strumentario affascinante e sfruttando un linguaggio e un codice degni solo di grandi cultori del mondo classico, solo in parte la creazione dell'oro, erano anche alla ricerca della pietra filosofale, del solvente universale Alkahest, di una Panacea. la teoria di fondo era che i materiali potessero venire trasformati l'uno nell'altro, dal momento che tutti i materiali non avevano specifiche caratteristiche, cioè proprietà intrinseche, ma erano fatti di principi standard (ileomorfismo aristotelico). così era teoricamente possibile trasformare un qualunque materiale con i nobili principi di oro e argento. idealmente ciò era possibile quando per prima cosa si fossero levati dal materiale comune tutti i principi non nobili e questo fosse divenuto invece sensibile per altri. la "prima materia" senza caratteristica e i principi applicabili e universali, "quinta essentia" erano i veri settori di ricerca degli alchimisti.

Opus Magnum è un' immagine dell' alchimia medievale europea, che si lega con la trasformazione della materia nell'oro o con la creazione della pietra filosofale. in seguito venne inteso come metafora per una trasformazione spirituale nella tradizione ermetica. la strada per la formazione della pietra filosofale passava per 4, in seguito 3 passaggi. Paracelso va oltre i 4 passaggi e descrive tra gli altri nel suo De Natura Rerum il processo di una trasmutazione in 7 passaggi. George Ripley parla di 12 passaggi.

ci fu sempre una disputa nell'alchimia, come i passaggi nel singolo dovessero essere svolti. in un processo a 4 passaggi è il "Nigredo" (nero) l'inizio e simboleggia lo stadio più primordiale della materia. si considerava questo stadio anche come "materia prima". come ulteriori processi si considera la fase dell' inbiancamento "Albedo" e dell' ingiallimento "Citrinitas" e per finire l'ultimo passaggio della' arrossamento "Rubedo". basi di questi passaggi venivano dalla filosofia greca della quaternità così come la divisione di un processo nella Melanosis, Leukosis, Xanthosis e Iosis (rötung). ci si riferisce in questa divisione agli antichi elementi Terra Acqua Aria Fuoco. nel tardo medioevo scomparve la fase gialla (Xanthosis), cambio dai 4 ai 3 passaggi.

una altra divisione era: Materia prima, Calcinazione, sublimazione, soluzione, putrefazione, distillazione, coagulazione, tintura, moltiplicazione, proiezione.

altri autori si riferiscono a diverse vie, come la via umida, la via secca, la via mista o dell' amalgama, la via breve, intesi come seguiti di passaggi in cui si raggiungono diverse condizioni chimiche, temperature, e diverso tempo per arrivare alla pietra filosofale.

nel corso degli anni Opus Magnum si sviluppò in un' inestricabile mistura di differenti insegnamenti e esperimenti, che resero il processo pratico sempre più incomprensibile. Forse si volle così non deludere della propria ignoranza e nascondere gli insuccessi. per questo erano gli insegnamenti carichi di simboli, con significato pleiotropico e scritti in un codice enigmatico. è chiaro che pur descrivendo minuziosamente i singoli passaggi nessun alchimista è mai riuscito a trovare la pietra filosofale. C' è da dire però che gli Alchimisti avevano contro gli ignoranti uno stretto obbligo di silenzio riguardo la loro conoscenza. si servivano di un codice segreto, indecifrabile per gli altri. la prima pubblicazione di un traduttore fu pubblicata da C. Gesner e A. Libavius nel 1539, per alchimisti per diffondere la conoscenza ad un numero più ampio di scienziati. inoltre tale segretezza ere essenziale per mantenere il lato esoterico dell' alchimia, ripreso da riti misterici dell'età classica e a sua volta ripreso da importanti associazioni più moderne, come la massoneria. in quest' ottica si intende il largo utilizzo di simbolismi, il forte legame con l'astrologia, il ricorso all' allegoria.

gli alchimisti si occuparano, contrariamente alle occasionali false interpretazioni, solo allegoricamente alla creazione di esseri viventi (Homunculus, Basilisk). riferimenti a questi esperimenti occulti si trovano per esempio ancora nel Faust di Goethe, nel Sandmann di Hoffmann e nel Golem di Meyrink, finanche al Frankenstein di M. Shelley. esistono immagini allegoriche che personificano gli elementi chimici. dall'unione dell'uomo e della donna vengono formati ermafroditi, che mostrano segni di entrambi gli elementi d'unione. con questo è come prima inteso non la creazione di un nuovo essere vivente, piuttosto una spiegazione visiva di un risultato di una reazione chimica.

inoltre dobbiamo alla falsa interpretazione della conoscenza della natura e all'uso sperimentale dell' alchimia tra l'altro le scoperte -in Europa- della porcellana e della polvere da sparo. la porcellana fu scoperta accidentale della ricerca di allora. Johann Friedrich Böttger rischiò la vita per quest' oro bianco. ancora famoso fu Vincenzo Casciarolo da Bologna, che nel 1604 per la prima volta scoprì un colorante fosforescente. queste scoperte portarono tra l'altro ad una discussione della scienza, della luce, e furono iniziati nel 1652 esperimenti spettroscopici. anche Hennig Brand nel 1669 scoprà il fosforo bianco e la chemiluminescenza, ancora oggi utile nella chimica forense.

tra i principali strumenti di lavoro dell' alchimista vi sono l' alambicco, l' aludelo, l' atanor, la retorta, la serpentina e quanto altro farebbe impazzire uno storico della scienza.


diverso è il discorso per l' Alchimia in Medicina, dove accanto ad una descrizione più classica con accostamenti esoterici del corpo umano, delle malattie e delle cause di esse abbiamo personaggi dal respiro maggiormente innovativo. ad esempio Paracelso vede nell' alchimista l'artista che trasformava materiali dalla natura per il bisogno umano o per l'ottenimento della salute umana. ancor oggi tra fitoterapia e omeopatia si descrivono i farmaci spagirici.

il termine "Spagyrik" (separare-riunire, dal greco) è introdotto da Paracelso, che per lui veniva utilizzato come sinonimo per alchimia. lui non vide compito dell'alchimia la creazione dell'oro, piuttosto la creazione di medicinali. sfruttò questo termine come distinzione contro altre definizioni. in seguito venne inteso spagirico l'area alchemica che si interessava di medicina. Spagyrika sono poi medicinali che vengono preparati sulle basi della conoscenza alchemica e spagirica. si tratta principalmente di materiale derivante da piante, minerale e animali.

d'altro fascino sono invece gli accostamenti degli organi a elementi e a pianeti, come

CUORE - SOLE - ORO

CERVELLO - LUNA - ARGENTO

MILZA / OSSA - SATURNO - PIOMBO

COLECISTI - MARTE - FERRO

RENI - VENERE - RAME

POLMONI / S. NERVOSO - MERCURIO

FEGATO - GIOVE - STAGNO

SANGUE - TERRA - ANTIMONIO

lasciano il tempo che trovano gli eventuali accostamenti diagnostici, prognostici e terapeutici.

pur intuendo chiaramente la bellezza e l'importanza storica di un tale modello di pensiero è altrettanto ragionevole che una costruzione della scienza legata alla metafisica e con ovvie debolezze metodologiche dovesse cedere il passo alla speculazione razionalistica del metodo scientifico e agli sviluppi della chimica moderna.

è comunque significativa la presenza dell' alchimia dagli albori della civiltà fino al periodo post rinascimentale, a significare la sua ragione d'esistere anche al di fuori di contesti tipicamente bui e fortemente intrisi di misticismo.

è importante, sotto questo punto di vista, ricordare che grandi pensatori razionalisti, primo fra tutti I. Newton, erano alchimisti e che il passaggio dall' alchimia alla maggior parte delle scienze odierne, come la metallurgia, la medicina fu un passaggio fluido, quasi senza soluzione di continuità.


se quindi su un piano scientifico venne meno la correttezza dell' indagine e della metodologia alchemica, non fu così in ambito antropologico letterario, dove illustri menti del mondo psichiatrico del 900 ne hanno ripreso elementi e ne hanno dato una moderna chiave di lettura.

ricordiamo infatti che l'alchimia non era solo volta alla ricerca di verità scientifiche in campo delle scienze naturali e mediche seguita da una guida mistica, ma anche alla ricerca di una sanificazione, crescita interiore (tema ancora più specificamente ripreso dalla massoneria). in ambito letterario di conseguenza nessun terremoto ne aveva scosso i pilastri più fondamentali.

come già chiarito nell' Opus Magnum, l'alchimia non è solo una disciplina pratica al seguito di una metachimica, piuttosto ha una ampia dimensione filosofica: i diversi processi alchemici, come ad esempio la trasformazione di un preciso metallo in un altro, rappresentano lo sviluppo dell'uomo, come per un processo psichico interno. quindi la "trasmutazione della psiche" come la insegnano gli antichi culti misterici, attraverso sofferenze, morte e la faticata resurrezione degli adepti in una nuova esistenza divina, venne nelle opere alchemiche dall' antico proiettata nella materia. conduce alla "trasmutazione della materia", i materiali minerali patiscono attraverso la polverizzazione, bruciatura e trattamento tutte le pene della trasformazione come l'uomo per la liberazione e il cambiamento. l'obiettivo perseguito era ora la trasformazione di materiali minori o metalli nel metallo più nobile, l'oro intramontabile, o su una sostanza universale (Lapis) o su una medicina universale. la scoperta di questa analogia viene descritta anzitutto da Zosimo di Panopoli nelle sue visioni in sogno.

maggiori interpreti contemporanei degli aspetti antropologici e psichici dell'alchimia sono stati lo psichiatra e psicoterapeuta svizzero Carl Gustav Jung ed il filosofo italiano Julius Evola.


fonti: Wiki auf Deutsch, Enciclopedia Treccani


L' ALCHIMIA - premesse

Oggi la Medicina non esiste se non in continuo confronto con numerose diverse discipline, a pari dignità, come botanica, farmacologia, chimica, fisica, biologia, ingegneria.. e quant' altro. l'idea del medico che prepara i farmaci, fa diagnosi senza alcun esame e così cura i pazienti è scomparsa.

da un imprecisato momento storico, secondo alcuni l'età dei lumi, secondo altri il periodo razionalista seicentesco, non è stato più pensabile avere in un unico ruolo elevate competenze di ognuna di queste materie. da qui la scissione che ha notevolmente accelerato sul finire dell' 800, per cui oggi è impensabile che una persona abbia competenze mediche e chimiche, mediche e botaniche e così via.

forse ancora più antico, sempre rapportandoci alla storia della medicina europea, è il momento in cui la metafisica si separò dalla medicina.

tali passaggi -pur giovandone notevolmente l'intera scienza medica, hanno però ridotto e massificato molto della figura del medico, quando invece le figure di maggior fascino sono proprio quelle eclettiche, in cui convivono numerosi interessi: sarebbe stato eguale Axel Munthe, al giudizio della storia come dei suoi pazienti, se oltre ad essere un bravo medico non fosse stato anche un grande naturalista? e quanti altri ancora debbono a questa unione di più passioni il loro successo, la loro memoria ai posteri? la scissura tra numerose discipline, per carità, necessaria ai fini del successo odierno della medicina, fino anche alla scissura tra le tante branche della medicina, non riscontra però lo stesso successo al momento finale, di riscontro col paziente e, per noi, con la storia. un endoscopista eccezionale, unico ed esperto solo nella endoscopia, il migliore dei tempi, probabilmente non passerà mai alla storia, perché non interessa. e anche per il paziente, in ambulatorio, alla prima diagnosi, poco conta la grande bravura nel singolo caso se non c'è una onnicomprensione.

questa scissura non soddisfa quindi né il singolo paziente né i cultori della medicina, intesa come arte, e non mera tecnica massificata. non è casuale, difatti, il sempre crescente ricorso, tra persone del mondo occidentale, a tecniche mediche alternative, che suscitino maggiore fascino e curino meglio il male e non la patologia. questo non ci introduce solo alla medicina alternativa, significato e differenti correnti, argomento che affronteremo in futuro dettagliatamente, ma, per il momento, a capire una corrente di pensiero, di vita, che è stata la scienza per millenni e che da quella scissura di cui sopra ha perso ogni ragione d'esistere: l'Alchimia.

per la maggiore viene considerata frutto di fede e pochi esperimenti, abbattuta rapidamente da un approccio scientifico ai fenomeni naturali. per quanto non si intenda ora affermare che gli alchimisti detenessero invece superiori conoscenze scientifiche, è però interessante notare come l' Alchimista fosse in realtà figura insieme scienziato e medico, di profondo fascino, che oggi potrebbe meglio soddisfare numerose esigenze raffreddate dalla Scissura.

affrontare l' Alchimia, il suo significato, la sua storia ed i suoi risultati, per poi passare in rassegna i principali rappresentanti, ed ovviamente la loro opera medica, è quindi obiettivo delle nostre ultime ricerche.

lunedì 26 aprile 2010

Arthur Schnitzler - Doppio Sogno

..E a passo lento e incerto si diresse verso l' Istituto di Anatomia Patologica attraverso i ben noti cortili. Trovò il portone aperto e non dovette suonare il campanello. Il pavimento di pietra rimandava l' eco dei suoi passi mentre attraversava il corridoio rischiarato debolmente. Un odore familiare, in certo modo domestico, di sostanze chimiche di ogni genere, che copriva le esalazioni proprie di quell' edificio, avvolse Fridolin. Bussò alla porta del gabinetto istologico, dove poteva supporre che si trovasse ancora qualche assistente al lavoro. Dopo un "avanti" un po' brusco, Fridolin entrò nella stanza dal soffitto alto e illuminato addirittura con sfarzo, al centro della quale, appena sollevato l'occhio dal microscopio, come Fridolin s'era quasi aspettato, si alzò dalla sedia il dottor Adler, suo vecchio compagno di studi e assistente dell' istituto.


..che altro si potrebbe fare a mezzanotte in queste sacre sale?..


.."ti trattieni ancora?" chiese Fridolin.

"Ma naturalmente," rispose il dottor Adler "queste sono le ore più belle per lavorare -all' incirca da mezzanotte all' alba. Per lo meno si è abbastanza sicuri di non essere disturbati".


..il corpo che giaceva alle sue spalle nello stanzone a volta, al lume delle fiammelle a gas oscillanti, ombra fra le ombre e come quelle oscuro e privo di senso e di segreto, non rappresentava per lui, né poteva rappresentare ormai, che il cadavere pallido della notte passata, destinato irrevocabilmente alla decomposizione.

domenica 28 febbraio 2010

AVICENNA

Abu Ali al Husayn ibn Abdullah ibn Sina latinizzato Avicenna è stato una delle più importanti personalità del mondo medico, scientifico e filosofico medievale. Nacque nel 980 d.C. a Buchara nel regno Persiano e morì nel 1037 in Hamadan, oggi Iran. Nonostante esercitò in un periodo difficile per la scienza e la medicina, essendo persiano non condivise il buio scientifico dei suoi colleghi europei, giacché all'epoca nel mondo arabo e persiano c'era una maggiore vivacità intellettuale. I suoi insegnamenti in Medicina, Fisica, Filosofia, Giurisprudenza, Matematica, Astronomia, Alchimia sono comunque stati di riferimento nelle epoche successive in Europa, dove venne sempre tenuto in grande considerazione. Persino Dante, nell' Inferno, lo colloca assieme a Averroé e Saladino nel nobile Castello del Limbo, dove altrimenti hanno posto solo persone del mondo pagano precristiano, principalmente della filosofia e letteratura greca e romana.

Diffuse sono le informazioni sulla sua vita, sappiamo che a 17 anni si avvicinò allo studio della Medicina, dopo aver in passato studiato il Corano, Letteratura e altre materie umanistiche e scientifiche. A 18 anni incominciò a esercitare, e per tutta la sua vita si trovò a fare continui spostamenti, ora al servizio di un regnante ora dell'altro, in cui accumulò esperienza su varie problematiche per poi racchiudere tutto in poche principali opere scritte. Morì a 57 anni di Dissenteria o Tumore intestinale. Dove è morto ancora oggi è presente la sua Tomba.


Le sue opere principali, nel mondo della medicina sono il Qanun al Tibb (Canone della medicina) e altre 15 opere, parte in prosa parte in poesia.

il Canone è senza dubbio l'opera principale, in cui si preoccupa di racchiudere tutto lo scibile della medicina, diviso per le sue branche e argomenti principali. Questo è diviso infatti in 5 capitoli principali: 1 Principi generali e teoria della medicina, 2 lista alfabetica di tutti i medicinali e loro effetti, 3 malattie che incontrano solo organi speciali, patologia e terapia, 4 malattie che interessano l'intero corpo, 5 produzione di mezzi di cura e antidoti.

Il Canone rappresenta sia per la sua completezza enciclopedica, trattante tutto quanto potesse riguardare la medicina, sia per la correttezza delle sue affermazioni un' opera importante decisamente superiore alle opere sue contemporanee europee.

Tra le tante colpisce leggere che la tubercolosi venga descritta come contagiosa e che malattie possano essere trasmesse dall'acqua e del terreno. è presente una scientifica diagnosi dell' anchilostomiasi in cui si descrivono le condizioni del contagio. nel canone viene descritta l'importanza della dieta, l'influsso del clima e dell'ambiente sulla salute e il bisogno chirurgico dell'anestesia orale. Avicenna consiglia ai chirurghi di rimuovere il cancro nei suoi stadi iniziali e di assicurarsi che tutte le sue parti siano state rimosse. tra l'altro viene descritta molto bene l'anatomia dell'occhio e vengono descritte diverse malattie dell'occhio come la cataratta. inoltre vengono nominati sintomi di malattie contagiose e trasmissibili sessualmente così come quelli del diabete mellito. il cuore viene considerato come pompa.

per quanto riguarda i farmaci, Avicenna raccoglie 760 farmaci con descrizione dettagliata del loro effetto e del loro utilizzo. è stato il primo a stabilire regole per provare un nuovo farmaco prima di utilizzarlo su uomini.

si occupa anche di malattie del comportamento e psicologiche, del legame tra corpo e mente, descrive la malattia d'amore, l'omosessualità e e gli effetti psicologici positivi della musica sulla malattia.

le altre opere mediche trattano più specificamente alcune singole problematiche, come precetti igienici, alcune malattie, appunti anatomici.

L'importanza di Avicenna all'epoca e nei secoli successivi, in Persia come in Europa, è stata dovuta però non solo alla sua grande fama di medico e alla qualità dei suoi scritti ma anche al suo molteplice interesse (tra l'altro solito all'epoca) e successo in altre branche dello scibile: in astronomia, ipotizzò la maggiore vicinanza della Terra a Venere che al Sole, come chimico invento la distillazione a vapore d'acqua, per isolare oli. Si interessò di problemi fisici e geologici e, ovviamente, era uno stimato alchimista. Fu comunque la sua attività teologica e filosofica il maggior richiamo in europa per gli intellettuali suoi contemporanei.


Spulciando tra la rete abbiamo trovato una traduzione in italiano di un capitolo del Canone, in cui Avicenna descrive l' Omosessualità e l' Ermafroditismo. Colpisce l'approccio scientifico e modernità della descrizione, sia in relazione alla contemporanea Europa medievale sia in relazione al panorama intellettuale attuale persiano.


Libro 3, Fen 20, trattato 1, cap. 42.

Su "al ubna" o "alabene".

L'alabene secondo il valore etimologico è una malattia che viene a chi ha l'abitudine che gli altri uomini si corichino sopra di lui, e ne ha soprattutto un desiderio intenzionale.

E vi è in lui soprattutto sperma [desiderio carnale?], non sentimento, da una parte il suo cuore è debole e dall'altra la sua erezione è impotente all'origine: oppure è divenuto impotente ora, e fu già abituato al coito per cui aspira a un tale, e non può al di sopra di questi: oppure può al di sopra di questi con scarsa potenza: per cui desidera vedere il coito che intercorre fra due: e quanto è più vicino chi è con lui, tanto più viene eccitato infatti il suo desiderio: poichè qualora emetta sperma quando qualcuno copuli con lui, oppure alzi con lui il proprio membro, allora può soddisfare il suo desiderio e vi è una certa setta di coloro il cui desiderio non viene eccitato e non viene stimolato se non quando ci si accoppia con loro: e allora gli viene il godimento dell'emissione di sperma, o con l'intervento di quel tale oppure no...............................

Ed esiste una setta di quelli, che allorquando ci si accoppia con loro, allora appunto non emettono sperma, anzi lo evitano quando si congiungano carnalmente con altri: e sono in verità anime avvilite, di natura maligna, di cattiva abitudine e di costituzione femminea.

Ma qualche volta i loro genitali sono migliori dei genitali dei maschi.

E sappi che tutte le cose che vengon dette su questo argomento sono false. E sciocchi sono gli uomini che li vogliono curare. Infatti la loro malattia è mentale, non fisica.

Se certamente una cura giova loro, allora è quella che affievolisce il loro desiderio tramite l'asprezza, la fame, le veglie, il carcere e le percosse.

E dissero alcuni che la causa dell'alabene è che il nervo della sensibilità che giunge alla verga in costoro si ramifica in due rami, dei quali il sottile si congiunge alla radice del membro e il grosso piega verso la testa della verga: per il qual motivo colui che è sottile ha bisogno per sentire di uno sfregamento energico: per cui avviene l'erezione nell'uomo e allora gli arriva ciò che serve a soddisfare la libidine: e questa cosa è proprio come quello che è lontano. (Cioè il godimento ottenuto con il nervo anteroflesso è identico a quello ottenibile con il nervo estroflesso degli uomini "normali"?)

Ed è la prima cosa sopra la quale si deve poggiare, e fu ascoltata da alcuni, [per i quali è parte della conoscenza e introdotto nell'arte maligna] e furono verificate le parole di tutti coloro sopra ciò che affermarono.


Libro 3, Fen 20, trattato 1, cap. 43.

L'ermafrodito.

Chi è ermafrodito non ha né il membro virile né il membro femminile.

E fra costoro c'è chi ha sia l'uno che l'altro, ma uno di essi è più nascosto e più debole, e l'altro è al contrario: e l'urina esce da uno di essi ma non dall'altro.

E fra costoro c'è chi li ha entrambi uguali, e giunse alla mia conoscenza, che c'è tra essi chi è attivo e passivo, ma questo è poco verificato.

E spesso vengono curati tagliando il membro più nascosto, e poi con la solita cura della ferita.



fonti: Wiki auf Deutsch und das Netz


domenica 31 gennaio 2010

la Medicina Omeopatica (Homöopathie)

Come spesso succede, anche nella scoperta del principio omeopatico di guarigione, il caso ebbe un ruolo determinante. Due secoli orsono, il medico ricercatore e chimico Christian Samuel Friedrich Hahnemann (1755-1843), durante la traduzione di un’opera medica dall’inglese al tedesco (la Materia Medica di Cullen), riscontrò una descrizione confusa degli effetti della corteccia di china, secondo cui la china avrebbe avuto capacità di guarire la febbre malarica stimolando l’attività gastrica. Egli rimase colpito dall’osservazione che i lavoratori della corteccia di china (allora utilizzata per preparare ricostituenti) accusavano disturbi molto simili ai sintomi della febbre malarica.

Partendo da queste osservazioni il dott. Hahnemann prese la decisione di provare su se stesso gli effetti della corteccia di china. Fu quello il primo esperimento farmacologico che dette l’avvio ad un nuovo metodo di ricerca d’importanza basilare: la farmacologia sperimentale.

Il dott. Hahnemann si somministrò per alcuni giorni, 2 volte al dì, 4 pizzichi di buona china (2 dracme, pari a 25,5 gr); come testualmente scritto, si verificò quanto segue: “I piedi, le punte delle dita… prima si raffreddarono, ero fiacco e stanco, poi il cuore cominciò a pulsare, il polso era duro e veloce, c’era un’angoscia insopportabile, un tremore (ma senza brivido) e una fiacchezza in tutte le membra; poi sentii battere alla testa, rossore alle guance, sete, in breve tutti i sintomi della febbre intermittente tipica della malaria apparvero uno dopo l’altro, ma senza brividi febbrili veri e propri”.

Il dott. Hahnemann così conclude: “Questo parossismo durava 2-3 ore ogni volta e si rinnovava ripetendo la somministrazione; smisi e vidi che ero guarito”.

In seguito Hahnemann provò molte altre sostanze sia su stesso sia su altri soggetti sani con il suo metodo sperimentale che chiamò “sperimentazione farmacologica omeopatica o patogenesia”.

Dopo innumerevoli prove, arrivò alla conclusione che tutte le sostanze da lui studiate provocavano nell’uomo sano un effetto simile ad una malattia. Il dott. Hahnemann chiamò questo stato patologico “malattia da farmaco”. I sintomi rilevati provocati da una stessa sostanza su individui diversi, furono raccolti da Hahnemann col nome di “quadro farmacologico della sostanza sperimentale o Materia Medica della sostanza”.

A questo punto Hahnemann cominciò ad utilizzare sui malati i rimedi sperimentati, nei casi in cui il quadro patologico presentato dal paziente corrispondeva al quadro del farmaco o, au contraire, quando i sintomi della malattia rappresentavano l’immagine riflessa dei sintomi provocati dal medicinale.

Questo principio della similitudine in Omeopatia è tuttora valido.

Nell’utilizzo pratico di questo principio Hahnemann arrivò alla conclusione che la somministrazione delle sostanze originarie, troppo concentrate (o velenose), provocava nel malato un peggioramento iniziale che corrispondeva ad un’esacerbazione di tutte le manifestazioni della malattia. Questa osservazione portò all’applicazione del principio di diluizione ( o delle dosi infinitesimali), ossia della somministrazione del farmaco in concentrazioni attenuate.

Il dott. Hahnemann chiamò il nuovo principio curativo col termine “omeopatia” perché si basava sulla regola del simile (similia similibus curentur).

Nel 1796 pubblicò sulla rivista specialistica “Hufeland Journal” (allora molto rinomata) la sua opera diventata famosa “Prove sul nuovo principio per la ricerca di virtù terapeutiche nelle sostanze medicinali, con particolare attenzione a quelle finora utilizzate”. Tale pubblicazione è considerata il battesimo dell’omeopatia.

Il suo lavoro metodico e geniale avvicinò al dott. Hahnemann molti sostenitori. Fu chiamato all’Università di Lipsia dove insegnò per 10 anni. Più tardi fu medico personale dei duchi Auhalt a Dessau e Köthen. Infine trascorse gli ultimi anni della sua vita a Parigi, continuando ad esercitare la professione medica fino alla sua morte. E’ sepolto nel cimitero parigino di Père Lachaise.



fonte : www.uninamed.it

sabato 2 gennaio 2010

il Medico di paese di una volta: il dott. Andrea Mattis

In questo piccolo intervento a cavallo tra vecchio e nuovo anno, momento di grande rilievo esoterico (il passaggio dall'accorciamento all'allungamento delle giornate, la morte e rinascita delle stagioni, della vita, il Natale, che assieme al Capodanno richiedono una strana doppia vigilia e doppio pranzo), rimaniamo con toni semplici, raccontando della storia semplice di un medico di paese, in era preantibiotica, realtà che qualunque medico almeno per un po' nella sua vita desiderebbe vivere..


La casa di Andrea Mattis è stata utilizzata in passato dal comune di Quadrelle (AV) come sede del Municipio e delle Scuole materne ed elementari. Andrea Mattis rappresenta infatti per Quadrelle, piccolo comune arroccato alle pendici dei Monti d'Avella, nell'entroterra Campano, una figura importante come medico chirurgo, patriota, scrittore e poeta. Nato a Quadrelle nel 1806 da famiglia piccolo borghese, dopo essersi laureato a Napoli (dove frequentò la facoltà di Belle Lettere e Filosofia e successivamente quella di Medicina e Chirurgia), fece ritorno al borgo natio, per svolgervi la professione di medico. Tuttavia, continuò a coltivare la sua passione per le lettere ed a voler fortemente l'unità d'Italia. Le sue opere, che riflettevano tali idee, erano note non solo a Napoli, ma persino a Pavia, in Francia ed in Inghilterra. Per le sue idee, venne schedato dalla polizia borbonica come "acceso liberale". Nei suoi testi compromettenti, nascosti in tempo da un suo nipote della famiglia Pagano, il Mattis descriveva la sconsiderata sete di potere dei cortigiani di Ferdinando II, attenti ai propri interessi e non a quelli del popolo e dei sacerdoti, dimentichi della missione sacerdotale e divenuti preti dei Borboni. Le sue idee in merito alla causa dell'Unità d'Italia gli fecero patire il carcere politico a Baiano e Caserta. Purtroppo, non ebbe il tempo di godere della gioia dell'unità d'Italia, poichè la notte del 7 maggio 1861, una banda di briganti, che si nascondeva sulle montagne del Partenio, invase il paese ed assaltò il posto delle guardie in piazza Plebiscito, impossessandosi delle armi. I Quadrellesi furono presi dal panico e si barricarono in casa, facilitando quanto i briganti avevano in mente: rapire Mattis, che odiavano per le sue idee liberali. Penetrarono nel suo palazzo, lo colsero nel sonno e, senza rubare nulla, lo catturarono. Nello sbandamento generale, vi fu chi comunque corse ad avvisare il comando militare al Cardinale. Altri informarono del fatto la nobile famiglia Pagano, molto legata ai Mattis. Don Gennaro Pagano, pensando erroneamente ad un rapimento a scopo di estorsione, consegnò tutto il danaro che aveva in casa ad un suo colono, Benedetto D'Apolito, con l'incarico di raggiungere i banditi e pagare il riscatto. Purtroppo, il colono non potè far altro che avvisare le autorità, essendo venuto a sapere che la lunga fuga dei banditi era finita tragicamente per il Mattis, il quale era stato abbandonato in fin di vita, all'inizio del Bosco Cupole, dove ora il suo corpo giaceva cadavere. Mentre si faceva buio, il cadavere del Mattis venne trasportato al suo palazzo dai Bersaglieri venuti da Mugnano (erano di stanza al Cardinale). Il giorno seguente il comandante della sopraggiunta forza pubblica, adirato verso i Quadrellesi per non essere intervenuti, era risoluto nella fucilazione non solo dei briganti (poi catturati, ed il capo, Angelo Bianco, detto "Turri Turri" fucilato), ma anche degli stessi paesani ritenuti conniventi. Fu solo grazie all'intervento della signora Maria Gaetana Lucente Mazzarelli che fu possibile indurre alla ragione il milite.Il corpo di Andrea Mattis fu portato nella chiesa parrocchiale dell' Annunziata di Quadrelle, nella tomba della famiglia Pagano, prima di essere definitivamente tumulato nel cimitero. Durante la rassegna artistica Artènot il Comune di Quadrelle, in suo onore, promuove il Premio Poesia "Andrea Mattis".


si ringraziano per il contributo i discendenti della Famiglia Pagano.