sul parto ad Atene
Le ateniesi partorivano circondate dalle donne di casa; il termina maia poteva indicare qualsiasi donna di una certa età, qualsiasi schiava esperta, capace di adempiere al compito di omphalotomos (tagliatrice del cordone ombelicale). ma nei casi difficili si faceva appello a una ostetrica o a un medico.
prima della nascita si ungeva la casa con pece, per cacciare i demoni, o perché essa proteggeva dalla contaminazione; ogni nascita comportava una contaminazione per la madre e per tutta la casa; per questo nessun parto poteva aver luogo all' interno di un santuario. quando il bambino era nato si poneva sopra la porta un ramoscello d'olivo se era un maschio, una striscia di lana se era una bambina, in segno di festa e anche per informare i vicini della nascita e del sesso del neonato.
Il quinto o il settimo giorno dopo la nascita aveva luogo la festa familiare delle anfidromie. essa consisteva in purificazioni con acqua lustrale per la madre e per tutte le persone che avevano toccato cioè avevano partecipato al parto e nella cerimonia che integrava il neonato nel gruppo sociale: egli veniva portato di corsa intorno al focolare (anfidromia significa corsa intorno). in quell' occasione si riunivano tutti i membri della famiglia. da quel momento il bambino veniva accettata dalla comunità; si era deciso che lo si sarebbe allevato e il padre di famiglia non aveva più il diritto di sbarazzarsene.
la medicina come professione libera
a dire il vero, Platone non sembra considerare la medicina come una arte liberale. ciò dipende senz' altro dal fatto che molti ciarlatani si facevano passare per medici. non esisteva, in effetti, alcun diploma e chiunque poteva proclamarsi medico. molti pretesi guaritori operavano con formule magiche o interpretando i sogni; quest'ultimo metodo era praticato in grande nel santuario di Asclepio a Epidauro, di cui riparleremo.
Ma c' erano anche veri medici. erano in generale uomini liberi. ma avveniva talvolta che un uomo ricco facesse imparare a un suo schiavo la medicina per farsi curare e i medici stessi avevano i loro schiavi che facevano da aiutanti e acquisivano così la pratica dell' arte.
la medicina, fiorente in Egitto da secoli, aveva in Grecia lunghe tradizioni che risalivano almeno all' epoca omerica. i filosofi ionici si interessavano molto alle teorie mediche e molti sofisti nel V secolo pretendevano di insegnare, fra l'altro, anche la medicina. c'era un centro di formazione medica a Cnido e forse un altro a Crotone, patria del celebre Democede, che fu medico pubblico a Egina, poi ad Atene prima di passare al servizio di Policrate di Samo e infine del re Dario. Ma sembra che la medicina, non solo empirica ma razionale, sia nata nell' isola di Coo dove la famiglia degli Asclepiadi si trasmetteva le conoscenze da essa acquisite di padre in figlio senza rifiutare di comunicarle anche ad apprendisti medici, estranei al genos.
L' illustre Ippocrate di Kos nacque verso il 460 a.C.: è il padre, se non della medicina, almeno di un metodo fondato esclusivamente sulla osservazione e la ragione e anche di un vero e proprio umanesimo medico che si esprime in modo toccante nel giuramento, nel trattato dell' antica medicina e negli aforismi del corpus hippocraticum.
I pedotribi erano costretti dalla loro attività a praticare una specie di medicina dei ginnasi. dovevano essere degli igienisti e dei dietisti per poter consigliare agli atleti il miglior regime alimentare e massaggiatori e conciaossa per ridurre le fratture, lussazioni e contusioni. Erodico di Selimbria, dopo essere stato a lungo pedotribo, si ammalò e diventò medico. C'erano medici per atleti e anche medici militari che, come si legge nell' Iliade, accompagnavano gli eserciti nelle campagne per curare i feriti, come vediamo, per esempio, nell' Anabasi. Gli apprendisti medici si formavano presso un maestro nell' arte di dare una diagnosi e una prognosi e nell'eseguire tutte le operazioni manuali necessarie, come il salasso, il clistere, l'applicazione di ventose (se ne sono trovate in corno e in bronzo). Imparavano anche a praticare alcune operazioni chirurgiche superficiali ma la conoscenza della anatomia restava molto limitata perché i costumi e la mentalità religiosa si opponevano alla dissezione dei cadaveri umani: si sezionavano solo gli animali.
Il pubblico aveva a disposizione libri di medicina e poteva procurarsi direttamente i farmaci presso il farmacopolo o farmacista che si riforniva a sua volta dal rizotomo (tagliatore di radici) perché la raccolta di piante medicinali dalla più remota antichità era considerata una parte essenziale dell' arte di guarire. ma il più delle volte i medici preparavano loro stessi le medicine che somministravano ai loro malati. avevano dei laboratori e alcuni di loro potevano anche ospitare in casa loro i malati il cui trattamento volevano sorvegliare dappresso. altri medici erano ambulanti e, come i sofisti, si recavano nelle diverse città per offrire i loro servigi. una istituzione largamente attestata e caratteristica è quella dei medici pubblici (demosioi iatroi). Abbiamo segnalato più in alto il caso di Democede di Crotone. Verso la metà del V secolo una tavoletta di bronzo di Idalion, a Cipro, ci permette di conoscere il contratto stipulato fra tale città e il medico Onasilos e i suoi fratelli che si impegnavano, dietro una retribuzione globale, a curare i feriti di guerra.
Ad Atene, i medici pubblici erano scelti dall' Assemblea dei cittadini di fronte alla quale esibivano i loro titoli. la città li retribuiva, metteva loro a disposizione un locale per le visite, le operazioni e il ricovero dei malati e le medicine erano pagate dallo stato. le spese richieste da questo servizio sociale erano coperte da una tassa speciali, l'iatricon. i malati che non avevano i mezzi per ricorrere alle cure di un medico privato erano dunque curati gratuitamente come nei moderni ospedali.
In Grecia ben raramente operavano specialisti mentre, almeno secondo Erodoto, già ne esistevano molti in Egitto. la specialità meglio conosciuta è quella dell' oculista che curava gli occhi dei clienti soprattutto con dei colliri. C'erano dentisti capaci di otturare i denti con piombo di indorarli. Una battuta scherzosa di Aristofane può far supporre che esistessero specialisti per le malattie intestinali.
Le donne potevano essere medici ma di solito erano confinate a compiti di infermiera e, soprattutto, di levatrice. Socrate era figlio di una ostetrica e Platone lo fa parlare a lungo di questa professione a proposito della sua maieutica, l'arte di far partorire le menti. Per le malattie intime le donne, per pudore, esitavano a ricorrere a un medico e facevano appello più spesso a donne del loro sesso. La nutrice di Fedra, che parla come una contemporanea di Euripide, dice alla sua padrona: "se soffri di un male che non si deve dire, ecco le donne che potranno aiutarti a calmarlo; se si tratta di un accidente che si può rivelare, parla in modo che il tuo caso sia segnalato ai medici" (Euripide - Ippolito).
Ma, oltre alle levatrici, le guaritrici, anche più dei guaritori, ricorrevano alle pratiche magiche e ai sistemi delle "mammane".
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