venerdì 27 novembre 2009

Il Rinascimento in Medicina: Andreas Vesalius

Dopo aver parlato del grande buio medievale, per l'arte e soprattutto per la scienza medica, in quest' articolo affrontiamo la rinascita delle arti e degli studi, della scienza, che avvenne in Europa nel Cinquecento, e che in Medicina ebbe la veste principale in Vesalio: egli è l'autore di DE HUMANI CORPORIS FABRICA, il primo trattato completo e corretto di Anatomia della storia, nonché autentica opera d'arte per i bellissimi disegni del corpo umano. Il contenuto rivoluzionario dell' opera va attualizzato nell'epoca; in tutto il medioevo, sia nel mondo cristiano che in quello arabo ed ebreo, sia ai tempi della medicina monastica che nella scuola di Salerno che nelle Università, né la scienza che studia il corpo umano si è evoluta rispetto alle spiegazioni di Galeno né la pratica medica è cambiata rispetto a quella del leggendario Ippocrate: non i loro inviti a rispettare i propri sensi, le evidenze logiche hanno caratterizzato il pensiero medico successivo, piuttosto l'arida ripetizione delle loro obsolete scoperte e tecniche aveva guidato per oltre 1500 anni il mondo medico. Il Rinascimento, però, è proprio il momento in cui vengono ripresi il pensiero ed il modello comportamentale classici, ed invece abbandonati i suoi effetti e dogmi: Vesalio guarda la Anatomia con i proprio occhi, come suggeriva Galeno, pur dovendone segnalare errori, e non adattava la sua osservazione a quella del maestro. Vesalio è fiammingo, nasce nel 1514 in Belgio, in una famiglia di medici importante e agiata. Studia a Parigi, dove descrive le lezioni del Silvio (quello dell'Acquedotto) pesanti e aride. E' di impeto curioso, da buon anatomista anche macabro, non sfuggendo a scorribande notturne in luoghi d'esecuzione e cimiteri, pur di procurarsi materiale per cui studiare. E' profondamente innamorato della professione medica, la più sacra delle arti, e ritiene indispensabile per meglio praticarla la conoscenza del corpo umano. Il suo interesse per la materia non veniva soddisfatto dal suo insegnamento, che consisteva in una pedissequa ripetizione delle lezioni di Galeno, effettuando 1-2 volte l'anno delle imprecise dimostrazioni anatomiche. Giovane brillante, inizialmente ben voluto dal suo illustre professore Silvio, si reca a Bologna e poi a Padova per continuare i suoi studi e diventare professore. Allora Padova aveva una atmosfera decisamente più moderna e ecumenica, per via della vicinanza di Venezia, più pronta a ricevere le sue scoperte. Con molta solerzia, dopo decine e decine di dissezioni anatomiche, cominciò a rendersi conto dell'errore principale dell'anatomia che veniva allora spiegata: le osservazioni di Galeno vennero effettuate su cadavere di scimmia e non di uomo. Quindi diede una veste completamente nuova all'anatomia: risolse molte delle imperfezioni di Galeno, nei pochi anni di insegnamento a Padova diede una importante ventata di modernità, insegnando l'Anatomia ai tanti studenti, di nuova generazione, pronti a raccogliere i suoi insegnamenti e curiosi, e soprattutto si adoprò per scrivere un libro di Anatomia, completo di tante illustrazioni, le più famose Tavole, e con l'aiuto dei migliori addetti di stampa dell'epoca, a Basilea, prese corpo l'opera principale del secolo in Medicina. Anche se questo è stato l'inizio di un epocale cambiamento, giacché l'utilizzo di un metodo più scientifico, e la correzione della Anatomia furono di contributo fondamentale all'evoluzione degli studi sul funzionamento del corpo umano, non rappresentava però il passo fondamentale che in seguito trasformò non solo la scienza ma anche la pratica medica: l'associazione dell'organo, e della sua lesione, alla malattia. Da Vesalio iniziò comunque una veloce e continua evoluzione di scoperte, che ebbero in lui la molla principale e da lui il mezzo principale (le Tavole) per poter avvenire. Il mondo accademico non reagì bene a tale cambiamento, gli fu ostile nel momento in cui egli rivoluzionò tutto quanto si sapesse della Anatomia e da secoli veniva insegnato da anziani professori. Proprio l'università ed il mondo accademico, che tanto si traveste da innovatore per opera paziente di personalità come il Vesalio, non ebbe imbarazzo nel ripudiare la nuova scoperta e nel vedere in lui un cambiamento che avrebbe fatto crollare la traballante impalcatura accademica dell'epoca. Proprio dal Silvio, il suo maestro parigino, gli vennero le accuse principali, con delle invettive scritte che addirittura chiedevano la sua elminazione. Seccato da questa immaturità dei suoi contemporanei, abbandonò tout court il mondo universitario, e accettò il più prestigioso incarico dell'epoca: divenne medico di corte dell' Imperatore del sacro romano impero. L'allontanamento dal mondo scientifico, pur se per un prestigioso incarico che avrebbe costituito l'invidia di chiunque, per un medico scienziato quale lui fu rappresentò però una triste evoluzione, non ottenendo il successo e la soddisfazione sperata. Dopo aver lavorato a corte in Germania, in seguito in Spagna, alla morte di Falloppio provò a rientrare nella cara Padova per continuare a respirare la vita universitaria e scientifica. Sfortunatamente, di ritorno da un pellegrinaggio a Gerusalemme, morì nell'isola di Zante, e fu sepolto in una comune tomba mai più ritrovata. Per la bellezza e importanza della sua opera, la sua mente, lo inseriamo a ben donde come figura fondamentale del mondo rinascimentale, primo protagonista del profondo rinnovamento che stava avvenendo nel mondo scientifico da quell'epoca e che non sarebbe più stato interrotto fino ai giorni nostri.

mercoledì 21 ottobre 2009

dalla Germania, dal Medioevo, una dottoressa: HILDEGARD VON BINGEN

In questo mese raccontiamo la storia di una monaca, dottoressa, musicista e teologa tedesca vissuta a Bingen in Germania nell' XI secolo.

Questa scelta deriva dall' intenzione di dare spazio anche all' universo femminile nel mondo della Medicina, e di raccogliere qualche testimonianza dal passato remoto, nostra grande passione. Finora abbiamo raccolto testimonianze dall'etá moderna, contemporanea, classica e persino da usi e tradizioni ancestrali a questa suddivisione del tempo, ma non avevamo ancora descritto qualcosa che venisse dal Medioevo. Non che quest' epoca sia oggi riconosciuta come momento di grande fermento intellettuale e scientifico, almeno in Europa, ma é senz' altro un momento interessante, in cui tutta l' ereditá del mondo classico é fortemente intrisa di elementi superstiziosi e popolari, propri di un momento dalla non chiara inquadrazione storica e dalla forte assenza di una guida scientifica. Da qui l'idea, appunto, che molte delle informazioni piú curiose proprio dagli autori di questo periodo possano venirci. purtroppo, ovviamente, non molti medici hanno avuto la fortuna di tramandarci le loro cure, sopravvivendo eccezionalmente solo i precetti di quei personaggi che hanno avuto altro ruolo al di fuori della medicina, come appunto Hildegard von Billigen.


Il contesto della Medicina nel Medioevo é anche temporalmente suddivisibile: in Europa, per tutto l'alto medioevo e fino al Concilio di Clermont nel 1130, la Medicina era materia di Monaci e Monache, che nei loro Monasteri ricopiavano testi medici della cultura latina, greca ed araba, ed anche applicavano quanto apprendevano: c' erano delle aree del monastero dedicate alla cura dei malati, e delle aree in cui venivano coltivate le erbe mediche. Unica eccezione in tutta Europa era la scuola di Salerno, che giá verso la fine del X secolo si rese famosa in tutto il mondo conosciuto perché veniva insegnata la Medicina, sia a uomini che a donne, sia a cristiani che a ebrei che a arabi. Importanti maestri furono Costantino l' africano e Ruggero Frugardi, i cui insegnamenti chirurgici si diffusero per secoli in tutta Europa. Da tutta Europa venivano studenti a studiare a Salerno, 5 anni sui Libri e poi 1 anno pratico prima di poter esercitare. Ancora una eccezione era l'insegnamento della Chirurgia, materia che rimarrá fino al Settecento esercitata da Barbieri e affini, branca parallela ma inferiore alla Medicina. Nel XII secolo peró la nascita delle Universitá trasformó l'insegnamento della medicina in una materia piu scolastica, spostandosi quindi lo studio di questa verso le Universitá. le piu importanti facoltá di medicina d'europa erano padova, bologna e parigi. in realtá pero l'insegnamento era assai sterile, perché si rifaceva al piu grande autore latino, Galeno, che peró tante inesattezze insegnava, ma che non potevano essere messe alla prova. anche il teatro anatomico di padova, del 1222, spesso davanti all'evidenza doveva comunque stare ai dettami di Galeno.

la Medicina scolastica fu presente per tutto il basso medioevo, fino al XVI secolo.


Le cure erano molto specifiche per il caso, paziente e disponibilitá di erbe mediche. Le prime Farmacie nacquero nel 1240 per ordine di Federico II e dovevano rispettare standard di qualitá e competenza da parte del farmacista. L'ospedale é per tutto il medioevo un luogo riservato alla povera gente: nobili e benestanti ricevevano a casa le visite del medico. Le uniche eccezioni erano alcuni pochi ordini cavallereschi, che costruirono i primi ospedali a Gerusalemme, Malta e Kos, il cui ruolo nell' assistenza medica ancora oggi é importante.


e torniamo dunque ad Ildegarda. nacque intorno al 1098, di nobile famiglia, fu sin da piccola ispirata alla vita religiosa, cui prese parte, in un chiostro di monache benedettine, a 14 anni, nell' area della valle del Reno, Bingen. Fu un personaggio molto apprezzato all'epoca, tanto da ottenere concessioni e rispetto anche dalle maggiori autoritá ecclesiastiche. Tutto il suo operoso e attento lavoro é contornato da una atmosfera di profonda misticitá, venendole incontro sovente delle Visioni divine, su cui montava le sue elucubrazioni filosofiche, di grande spessore, sul significato della Natura, Religione e Uomo, sull' inscindibilitá di queste tre entitá.

Riguardo alla Medicina e alla Biologia, ci sono pervenuti in realtá poche opere letterarie, soprattutto nessuna fonte diretta.

Lei è la prima dottoressa tedesca; aveva grande conoscenza, come monaca, delle principali erbe mediche giá note alle culture latina, greca ed araba, che nelle sue cure univa ai trattamenti superstiziosi locali, in un misto di esperienze esoteriche. Per l'ampissima conoscenza di piante, radici, erbe, estratti, é senza dubbio la madre dei rimedi e delle medicine naturali, oggi tornate di grande moda.

Non sappiamo se la sua concezione di un grande equilibrio del corpo umano con l'anima e la coscienza, per cui un male a livello dell'animo puó avere una conseguenza corporea, è causa o conseguenza di un caposaldo della filosofia della medicina cristiana, quello di individuare la malattia come una punizione e la cura come un castigo, un espiazione delle colpe, ampiamente ancora presente ai giorni nostri. Se anche lei avesse questa interpretazione non possiamo saperlo. Lei é peró un personaggio alquanto controcorrente rispetto all' Ortodossia del tempo, essendo una donna ed avendo un ruolo importante nell'ambito culturale, e occupandosi della sessualitá molto di piu di quanto la castitá del suo ruolo le potesse in realtá consentire. Oltre a problematiche filosofiche, religiose e mediche, si é interessata anche di altri aspetti della vita umana: é una importante autrice musicale, soprattutto di canti e cori, sono pervenuti a noi alcuni brani come la Sinfonia della armonia delle rivelazioni celesti, oltre ad altri brani musicali e testi e drammi liturgici. In piú si occupava di aspetti della vita quotidiana, per esempio descrive magistralmente il comportamento del cane:


Physica (PL VII, 20, coll. 1327D-1328A ; cfr. L. Moulinier, Le manuscript, p. 251)

"I l cane è molto caldo ed ha qualcosa di comune e di connaturato alle usanze degli esseri umani, ed è per questo che va d'accordo con loro e li comprende, si affeziona e sta volentieri in loro compagnia, ed è fedele; per questa ragione il diavolo odia il cane e ne ha paura, a motivo della sua fedeltà verso l'uomo. Il cane si accorge se un uomo nutre odio, se è in collera, se è cattivo, e allora ringhia contro di lui; e se comprende che in una casa vi sono odio e collera, ringhia a voce bassa fra sé e sé, e mostra i denti, per far vedere che è in collera. Allo stesso modo, se un uomo alberga in sé il tradimento, il cane gli mostra i denti, anche se quest'uomo e questo cane sono amici, perché il cane sente e comprende quello che accade all'interno dell'uomo. E se in una casa vi è un ladro, o qualcuno che progetta un furto, allora ringhia e diventa aggressivo nei suoi confronti, e si comporta con lui diversamente che con gli altri, gli va dietro e lo annusa, gli sta continuamente accosto, e in questo modo si può individuare il ladro. E talvolta ha il presentimento dei fatti e delle cose allegre e tristi che stanno per accadere all'uomo, e a seconda di che si tratta abbaia e attira l'attenzione; quando stanno per accadere cose allegre, scodinzola con allegria, e quando stanno per accadere cose tristi ulula con tristezza.


dopo la sua morte, nel 1179, fu fatta Santa, e oggi le sue Reliquie (tante) sono per lo piú reperibili in Eibingen. Le suggestive rovine del Monastero in cui viveva sono oggi visitabili, nella valle del Reno, in Germania.


fonti: Wikipedia in Tedesco, libri dell' autrice, brevi commentari italiani.

domenica 20 settembre 2009

UN MEDICO DI LUSSO: IL DOTTOR AXEL MUNTHE

L' ultimo appuntamento estivo della nostra Storia della Medicina riguarda un particolare personaggio del mondo medico degli inizi del 900, molto caro per le sue grandi doti professionali ed umane, autore di un bellissimo romanzo autobiografico, La Storia di San Michele, e grande amante di Capri, dove vi lascia una villa spettacolosa, oggi sede di un museo in sua memoria. La scelta cade su questo personaggio sia perché dal suo libro ci lascia intravedere la vita di un medico rispettabile agli inizi del XX secolo, a Parigi e in Italia, nonché informazioni di "cronaca" sulle questioni sanitarie dell'epoca, sia perché ci piace pensare al medico come un personaggio eclettico, amante della natura, dell'arte, della storia, della bella vita.


Il dottor Munthe è svedese, nasce nel 1857, ma studia Medicina a Parigi, città nella quale passa gran parte della sua giovinezza. Rimane molto legato alla sua terra natale, dove morrà ultranovantenne, e di dove ci narra moltissimi aneddoti sulle stranezze delle pratiche mediche lapponi e sulla selvaggità dei luoghi. Deve gran parte del suo successo alla formazione Parigina, che negli ultimi anni dell' 800 era senz' altro una delle migliori del mondo -sono sui maestri Labbè e Charcot- e che lo plasmeranno per sempre nell' interesse verso il lato psicologico del problema medico, cui attribuisce il principale ruolo nel successo medico.

Ma nel suo cuore c' è la selvaggia Capri, che visitò a 18 anni la prima volta, giungendovi a vela, incontrando un' isola molto diversa dall' attuale, dove gli abitanti di Capri non erano mai stati ad Anacapri e viceversa, isola frequentata solo dalle più grandi menti del tempo (Fritz Krupp, Compton Mc Kenzie, Edwin Cerio, Norman Douglas ...), un vero paradiso.

Inoltre un ambiente mite e scenografico come Capri, ricco di flora e fauna, rapirono il suo interesse, essendo oltre che medico un grande naturalista, ed infatti chi oggi visita la sua casa di Anacapri, la villa San Michele, immagina il dottor Munthe non come un medico ma come uno scienziato naturalista, classificatore di tutta la fauna indigena e di quella di passaggio durante le migrazioni.

Nel raccontarci l' esperienza parigina, parla del suo Studio, in casa, in una delle strade più eleganti di Parigi. Allora esisteva il Medico, che si occupava di tutta la medicina interna, ginecologia e pediatria, e poche figure professionali erano specializzate, come lo psichiatra, il chirurgo, il dentista e l' oculista. A suo dire, la maggior parte delle sue pazienti, soprattutto donne nobili di tutta Europa annoiate, sentiva il bisogno della cura del medico, piuttosto che soffrire di un quadro patologico ben definito.

In generale secondo il dottor Munthe il paziente vuole cure sicure e fiducia, non vuole veramente sapere quanto è malato, avrà fiducia nel suo medico come in Dio, è una questione di fede, insomma. Ed allora si trovava a curare soprattutto la "colite", termine generico che indicava un impreciso disturbo alla pancia, dell' apparato digerente. Fa sorridere il fatto che fino a poco tempo prima lo stesso quadro veniva definito come appendicite, finché dagli Stati uniti non si decise che la maggior parte delle Appendiciti erano acute ed andavano operate chirurgicamente. Ovviamente nessuna di queste pazienti soffriva veramente dell'appendicite come la conosciamo oggi.

Della Lapponia ci racconta invece di tecniche più vicine alla Magia che alla Scienza, per esempio due ranocchi cotti nel latte per dure ore sono buoni per la tosse, mentre dieci pidocchi, sempre bolliti nel latte, ma con abbondante sale, a digiuno, vanno bene per l'itterizia..

Di Napoli, di cui parla anche in un altra opera letteraria, Note di una Città dolente, ci racconta di un epidemia di Colera, che mieteva anche 1000 vittime al giorno, e lui si trovava a girare per tutte le case, di ricchi e di poveri, oltre che per conventi come quello delle Sepolte Vive, dove tutte le monache erano contagiate (e ci racconta anche di essere stato un fornicatore), curando con speciali preparati della Farmacia di San Gennaro.. una descrizione interessante di Napoli ad opera di un autore straniero.

Naturalmente il tributo maggiore nelle sue opere più che alla medicina va all' isola di Capri, data la sua bellezza, antichità romana e gli splendidi panorami. La sua Villa San Michele, sforzo di anni di duro lavoro come Medico, a Parigi e a Roma, è l'obiettivo principale della sua vita dove si ritira nella figura di scienziato, naturalista, medico eclettico che noi oggi ricordiamo.


fonte: Axel Munthe, La Storia di San Michele, Treves Treccani Tumminelli, MCMXXXIII.


giovedì 30 luglio 2009

Un medico criminale: il dottor Navarra

Il consueto appuntamento mensile con un articolo di Storia della Medicina questo mese è venuto un po' in ritardo in vista di numerosi impegni, anche importanti, degli Autori. Gli esami di uno, la Laurea Magistrale dell'altro, hanno levato tempo al nostro bellissimo blog. L'articolo da noi proposto è stato selezionato tra i migliori disponibili on the web che trattasse del dott. prof. Michele Navarra. La scelta di un medico contemporaneo, noto alle cronache per i suoi misfatti, è spunto di riflessione a proposito della grande commistione tra crimine ed alte cariche pubbliche presente nella Repubblica sin dalla sua nascita. In particolare è interessante perché tocca il mondo medico da vicino, sì che il pensiero dominante di molti di noi, e soprattutto dei futuri medici, giovani studenti, è che la scelta di tale professione elevi moralmente ed estranei da realtà che invece ci riguardano eccome. Anche i medici, invece, possono essere brutali criminali. Ancora interessante è come certe realtà, pur essendo forse intuibili, vengano però rese note, o accettate, o confermate alla popolazione sempre dopo, si che in vita queste persone ricevono grandi onorificenze, e solo una piccola minoranza chiassosa li accusa dei misfatti che invece verranno resi noti anni dopo la morte, quando ormai non resta di questi che un vago ricordo.
Ci sembra in realtà di ripetere Tacito, commentando in questo modo.


Michele Navarra (Corleone, 5 gennaio 1905 – 2 agosto 1958) è stato un criminale italiano.
Nato in una famiglia abbastanza ricca (il padre era geometra e maestro), primo di 8 figli, nel 1929 ottiene la laurea in medicina e chirurgia e nel 1930 si trasferì a Trieste in qualità di medico ausiliario. Nel capoluogo del Friuli-Venezia Giulia prestò anche servizio militare e dopo il congedo, avvenuto nel 1942 (poco dopo aver ricevuto la nomina di capitano dell'esercito), tornò nel paese natio dove esercitò la professione medica.
Negli anni Quaranta si legò a Cosa Nostra e divenne in breve tempo il capo indiscusso della famiglia di Corleone.
Dopo la seconda guerra mondiale nel 1947 costituisce col fratello una società di autolinee l'AST Azienda Siciliana Trasporti. Strumentalizzò le evoluzioni della politica regionale e nazionale e cercò appoggi tra i partiti: dopo avere appoggiato inizialmente la causa indipendentista, fece poi confluire i voti prima sul Partito Liberale e poi sulla Democrazia Cristiana.
Il 14 marzo del 1948, dopo un'iniezione fattagli da Navarra, morì Giuseppe Letizia, un pastore di 13 anni, unico testimone oculare del rapimento e dell'uccisione di Placido Rizzotto, il sindacalista eliminato da Luciano Liggio, all'epoca affiliato a Navarra.
Per questo duplice omicidio, per cui comunque non fu mai condannato, venne portato a Gioiosa Jonica (provincia di Reggio Calabria) ma grazie ad influenze politiche dopo pochi mesi poté ritornare a Corleone.
Intorno alla seconda metà degli anni cinquanta Navarra tentò di far assassinare Luciano Liggio che, pur facendo parte del suo clan, stava diventando troppo potente e gli contendeva il ruolo di boss. Infatti, Liggio subì un attentato all'interno di una masseria (si crede fossero presenti anche Riina e Provenzano) ma non si riuscì ad ucciderlo. La vendetta di Lucianeddu non si fece aspettare: il 2 agosto 1958 alle ore 15.30, sulla strada di ritorno da Prizzi a Corleone, Navarra fu massacrato insieme al suo accompagnatore dottor Giovanni Russo, a colpi di mitragliatrici Thompson e Breda mentre era alla guida della sua Fiat 1100 nera.
Finiva l'era di "u patri nostru" e iniziava quella dei cosiddetti "Viddani", che ad oggi, nonostante la cattura di Bernardo Provenzano, non sembra conclusa. I "Viddani" vengono identificati proprio in Luciano Liggio - vero cognome era "Leggio" ma un brigadiere trascrisse Liggio nei verbali dei carabinieri - , Riina e Provenzano: saranno loro a scatenare la seconda guerra di mafia.
Navarra, medico e primario ospedaliero, fu politicamente molto disinvolto, prima simpatizzante separatista, quindi liberale e infine democristiano. Fu insignito del cavalierato della Repubblica nel giugno 1958 dal presidente della repubblica Giovanni Gronchi.

(fonte Wikipedia ITALIA)

martedì 30 giugno 2009

NO SOUVENIRS

Nell'idea che per storia si affronti sempre un confronto tra due differenti realtà spaziali e temporali, occupandoci della Storia di una Disciplina oggi attuale, decidiamo di pubblicare un articolo che si rifà assolutamente ai nostri giorni.

Pur andando ricercando infatti negli archivi più polverosi spunti utili per i nostri approfondimenti, spesso molte cose interessanti si trovano sulla nostra scrivania in una rivista settimanale e internazionale come Time.

L'articolo che di seguito pubblichiamo, è stato infatti pubblicato su Time nel mese di Maggio 2009. Quello che troviamo interessante, è come possa essere differente oggi la Chirurgia, disciplina che in passato, fino a meno di 200 anni fa, non raggiungeva la dignità intellettuale della medicina,

venendo spesso relegata ad artigiani, barbieri e cavadenti, contornata da un' elevata mestizia e mortalità.

In quest'articolo leggiamo infatti il più ultimo ausilio tecnologico per scongiurare il pericolo che una benda o altro possano rimanere nella nostra pancia dopo un intervento. Un tempo il più grande augurio che si potesse chiedere, invece, prima di un intervento chirurgico, era di non morire sotto i ferri o rimanere gravemente mutilati. L'arte del chirurgo era correlata con la capacità di tagliare in quanto meno tempo possibile, non con la finezza dell'operazione. I chirurghi sfoggiavano camici sporchi di sangue, onore e merito accumulato dopo anni e anni di esperienza, mentre oggi l'antisepsi richiede una rigida pulizia del campo, con utilizzo di materiale pressoché sterile. Colpisce quindi quanto sia cambiato l'approccio alla chirurgia, l'esito della stessa, se oggi un sistema con onde radio è messo in pratica per evitare il rischio di dimenticare qualcosa nella pancia. Un cambiamento radicale, sia nelle tecnologie impiegate, sia nell'aspettativa dell'intervento, nel suo successo, che lascia svettare la Chirurgia nella vetta più alta dell'innovazione e nel successo della medicina. E pensare che Ippocrate richiedeva che si giurasse di non effettuare operazioni chirurgiche per i calcoli, tanto erano pericolose e dolorose.

Riportiamo l'articolo in inglese, lingua ecumenica al nostro secolo della scienza, oltre che originale dell'articolo, comunque reperibile sul sito originale del Time.



Patients who undergo surgery aren't keen on souvenirs. Most draw the line at a scar. But some will go home with an internal takeaway — a surgical sponge left inside them. The majority of U.S. hospitals still use traditional sponges that nurses count manually. (They also count instruments.) But an increasing number have switched to more technologically sophisticated sponge systems that automate the counting to enhance patient safety.

This spring, Memorial Sloan-Kettering Cancer Center (MSKCC) in New York City became the first hospital to switch to the SmartSponge System — a technology that features chip-embedded sponges — created by ClearCount Medical Solutions, a five-year-old company in Pittsburgh, Pa. It relies on radio-frequency identification (RFID) technology. "Ours is the only FDA-cleared system that uses radio-frequency identification to both count and locate surgical sponges," says David Palmer, ClearCount's CEO. He expects revenues to reach $8 million this year and $27 million in 2010.

Using ClearCount's system, nurses scan packages of sponges before an operation. The technology verifies and counts each sponge's internal chip, recording the total in an In column on a display monitor. Used sponges are tossed — either singly or in a compressed wad — into a receptacle with a built-in sensing device that again verifies each chip and tallies the Outs. Ideally, the figures in those two columns match. If not, the number of missing sponges appears in a third column, aptly titled Find. That's a signal to spring for the wand, which digitally homes in on sponges still inside the patient.

For surgical nurses charged with counting sponges, the device has promise. "Nurses are willing to embrace new technology as long as it doesn't complicate their work flow or compromise the timing and sequence of their counting," says Steven Fleck, ClearCount's co-founder and CTO. At MSKCC, the prospect of improved patient safety and work efficiency won over Michelle Burke, director of perioperative services, and her staff. "One surgeon even tested the detection system for himself by hiding sponges in a corner of the operating room, and the technology located them," says Burke, who bought 21 of the $15,000 devices.

Large hospitals house 20 to 30 operating rooms and go through hundreds of thousands of sponges a year. Burke acknowledges that adopting the system will significantly escalate sponge costs, but for hospitals there's a cost-benefit trade-off. Using ClearCount sponges increases the cost of each surgical procedure by an average of $30. Yet the cost of surgical miscues may make the use of systems like ClearCount's a relative bargain. In 2008 the Centers for Medicare and Medicaid Services stopped reimbursing hospitals for some of the patient care tied to preventable complications, like those caused when objects are left inside patients during surgery. "Many hospitals have begun to more seriously address these 'never events' — as in 'never should happen,'" says ClearCount's Palmer. "There is a high cost — delays in the surgical schedule, as well as litigation and bad publicity — when hospitals do not take proactive measures."

At a hospital where 30,000 operations are performed a year, having three or four of these incidents annually is not uncommon, says Dr. Atul Gawande, a surgeon at Brigham and Women's Hospital in Boston, who has researched medical errors linked to surgical sponges. "Our studies show that automated sponge-counting systems make things markedly safer," he says. He believes these systems will be standard within five or 10 years.

ClearCount is banking on it. During the past year, the company has sent its SmartSponge System for evaluation to three dozen hospitals, several of which have committed to buy it. The company expects a similar response next year when it expands globally.

Sponges are yet another promising area where RFID has popped up in hospitals. ClearCount plans to expand its tracking to surgical instruments. And more applications await — for instance, ensuring that blood products are delivered with complete accuracy by equipping patients with an RFID device. After all, the first rule of medicine is to do no harm.

lunedì 4 maggio 2009

La Medicina come Arte magica (Il Ramo d'Oro)

In precedenza abbiamo descritto la figura di Ippocrate ed il suo contributo alla medicina come la scelta di non dare delle malattie una interpretazione mistica, piuttosto cercarne una razionale spiegazione, delle cause, del modo in cui si instaurano, del modo in cui si guariscono, basata su ragionamenti definibili scientifici e soprattutto sull'osservazione delle cose, scevra di influenze metafisiche.

La domanda che ci poniamo adesso è: cosa c'era prima di Ippocrate? come si realizzava realmente una medicina basta su incantesimi, in cui la causa del male è il divino o soprannaturale? è chiaro che può basarsi su diversissime modalità, da castighi divini, anatemi, fino a vera e propria magia, magari per causa di uno stregone a nome di qualcun altro, con intervento di un mal definito soprannaturale, come spiriti e spettri, che solo con atti magiche e sortilegi poteva essere guarito.

c'è da precisare che Ippocrate non è uno spartiacque nei tempi: la scelta di ragionare in medicina non riguardò che uno scarno manipolo di uomini in un determinato periodo di tempo: ci volle tempo e tempo perchè le intuizioni di Ippocrate e altri potessero realmente affermarsi nella popolazione..

Qui riportiamo un brano tratto dal Ramo d'Oro, trattato di Antropologia di inizio 900 di James George Frazer, scozzese, che si propone di analizzare riti magici e religiosi di tutte le culture e popolazioni di ogni tempo, alla ricerca di elementi comuni di modo da darne una chiave di lettura unitaria. Al di là del pretenzioso scopo di quest'opera, che la critica ha ampiamente non riconosciuto, rimane a noi una interessantissima raccolta di miti e eventi misteriosi, affascinanti.

Uno di questi riguarda l'influenza della magia nella medicina.

Prima di passarne alla lettura, precisiamo che la Magia,  atto che fa riferimento ad una forza occulta e metafisica, può essere in vari modi classificata.

una delle più ampie classificazioni distingue la magia in una ripetizione d'atti per similarità (cosiddetta omeopatica), che può essere positiva, Sortilegio, (Ex compi questa azione affinchè avvenga questo e questo..) oppure negativa, Tabù (Ex non compiere questa azione affinchè non accada questo e questo..), da una che invece si basa sul contatto tra due cose, magia da contatto o contagiosa.

Per essere più espliciti, nella magia imitativa, omeopatica,  un incantesimo esercitato su un qualcosa di simile determinerà l'effetto su quello (ex trafiggere una raffigurazione di un guerriero, e il guerriero in carne ed ossa morirà trafitto), mentre in quella da contatto un elemento andato a contatto con l'ente che ci interessa assumerà la stessa proprietà (un po' come una reliquia è santa).

Con questa premessa, ci sarà più chiaro il brano seguente:



..Un'altra applicazione benefica della magia omeopatica è quella di curare o prevenire le malattie. Gli antichi Indù celebravano un elaborato rituale, basato su quel tipo di magia, per curare l'itterizia. Obiettivo principale era quello di trasferire il colore giallo a cose e creature gialle, per esempio il sole, al quale questo colore spetta di diritto, e infondere nel paziente un colorito sano e roseo, traendolo da una fonte viva e vigorosa, vale a dire un toro rosso. A tale scopo, un sacerdote recitava il seguente incantesimo: "La tua angoscia e la tua itterizia salgano al sole! Noi ti avvolgiamo nel colore rosso, affinché tu abbia lunga vita! Che questa persona ne esca incolume, libera dal colore giallo! Che le giovenche, la cui divinità è Rohini e che, inoltre, sono esse stesse rosse (rohinih) -in ogni loro forma e in ogni vigore, ti avvolgano. Nei pappagalli, nei tordi, poniamo la tua itterizia, e nella cutrettola gialla". Pronunciando queste parole il sacerdote, per infondere il colorito roseo della salute nel paziente giallastro, gli faceva sorseggiare acqua mescolata al pelo di un toro rosso; cioè versava l'acqua sul dorso dell'animale e poi la dava da bere all'ammalato; lo faceva sedere su una pelle di toro rosso, legandogliene un pezzo intorno al corpo. Per migliorare il colorito, cancellandone completamente il giallo, cospargeva poi il paziente, da capo a piedi, con una poltiglia gialla di zafferano o curcuma; poi lo faceva sedere sul letto, ai cui piedi legava, con un cordoncino giallo, tre uccelli gialli, vale a dire un pappagallo, un tordo e una cutrettola e, versandogli addosso dell'acqua, lavava via la poltiglia gialla - e con essa, naturalmente, l'itterizia - trasferendola da lui agli uccelli. Dopo di che, per dare un tocco finale di roseo all'incarnato, prendeva dei peli di un toro rosso e li avvolgeva in una sfoglia d'oro che poi incollava alla pelle del paziente. 

Secondo gli antichi, se un malato d'itterizia guardava fissamente una beccaccia, e l'uccello ricambiava lo sguardo, guariva dalla sua malattia. "Tale è la natura", scrive Plutarco, "e tale il temperamento di questo uccello che esso estrae e riceve la malattia che fuoriesce, come un torrente, attraverso lo sguardo". Gli ornitologi erano così convinti di questa incommensurabile virtù della beccaccia che, quando ne avevano una da vendere, la tenevano accuratamente coperta onde evitare che un malato di itterizia la guardasse e fosse, così, curato gratuitamente. La virtù dell'uccello non stava nel suo colore ma nel suo grande occhio dorato che, naturalmente, attirava e assorbiva il giallo dell'ittero. Plinio ci parla di un altro uccello, o forse è lo stesso, che i greci chiamavano con il nome che serviva anche a indicare l'itterizia perché, se un itterico lo vedeva, la malattia passava da lui all'uccello. Accenna anche a una pietra che si riteneva curasse l'itterizia per il suo colore, simile a quello della pelle di un itterico.

Uno dei grandi vantaggi della magia omeopatica è che la cura può essere applicata alla persona del medico, anziché a quella del malato il quale rimane, in tal modo, esente da disturbi e disagi mentre il medico si contorce fra i dolori davanti ai suoi occhi. Per esempio, i contadini di Perche, in Francia, sono convinti che un prolungato attacco di vomito sia dovuto al fatto che lo stomaco del paziente si sgancia, come dicono, e cade in basso. Di conseguenza, chiamano un praticone perché lo rimetta a posto. Dopo aver ascoltato i sintomi, il praticone dà inizio a una serie di orrendi contorcimenti allo scopo di sganciare il proprio stomaco. Una volta riuscito nell'impresa, lo riaggancia con un'analoga sequela di smorfie e dimenamenti mentre il paziente sperimenta un analogo sollievo. Tariffa, cinque franchi. Allo stesso modo un guaritore dei Dayak, chiamato presso un paziente, si sdraia fingendo di essere morto. Viene quindi trattato come un cadavere, avvolto in stuoie, trasportato fuori casa e poggiato a terra. Dopo circa un'ora, un altro guaritore scioglie il finto morto e lo riporta in vita; via via che il "defunto" si riprende, dovrebbe riprendersi anche il malato. In un suo bizzarro trattato di medicina, Marcellus di Bordeaux, medico di corte di Teodosio I, suggerisce una cura per i tumori basata sul principio della magia omeopatica. La cura è la seguente: prendete una radice di verbena, tagliatela a metà, appendetene una parte al collo del paziente e l'altra sopra il fumo di un fuoco. Via via che la verbena si dissecca, anche il tumore si prosciugherà fino a scomparire. Se, una volta guarito, il paziente si dimostrasse ingrato nei confronti del bravo medico, questi potrà facilmente vendicarsi gettando la verbena nell'acqua; le radici assorbono di nuovo l'umidità e il tumore ricompare. Se poi soffrite di foruncoli, lo stesso sapiente autore vi raccomanda di fare attenzione alle stelle cadenti e, appena ne vedete una, mentre ancora attraversa il cielo, strofinate i foruncoli con un panno o con la prima cosa che vi capita sottomano. Come la stella cade dal cielo, così i foruncoli cadranno dal vostro corpo; attenti però a non strofinarli con le mani nude, o vi si copriranno di foruncoli.


domenica 19 aprile 2009

Napoli, una Vita da Medico: ANTONIO CARDARELLI

Il mito di Antonio Cardarelli, Napoli,1923:  Siamo a Via Costantinopoli, una folla festante trascina una carrozza con dentro un vecchio signore, minuto ma elegante che sorride, con i suoi baffetti bianchi, alla gente che lo osanna. Si chiama Antonio Cardarelli e quando, 4 anni dopo, muore di vecchiaia la gente si riversa ancora per strada per recare un ultimo saluto al più famoso medico che Napoli abbia mai ospitato.

Cosa ha fatto di straordinario quest’uomo per essere così glorificato, sia in vita sia dopo?

Antonio Cardarelli non nasce a Napoli ma a a Civitanova del Sannio (IS) il 29 marzo 1831 da Urbano e da Clementina Lemme. Fa i primi studi nel seminario di Trivento, poi si trasferisce a Napoli, dove si laurea in medicina ad appena ventidue anni. Si presenta, subito dopo, al concorso per assistente presso l'Ospedale degli Incurabili e in quell'occasione nella sua dissertazione sulla scabbia, sostiene per primo l'origine parassitaria della malattia. I suoi interessi e le sue competenze spaziano in ogni campo della Medicina e in ognuna di esse lascia molto spesso contributi originali. Alla base della sua bravura c'è un metodo che egli stesso condensa in due parole "OBSERVATIO ET RATIO: prima l'osservazione e poi il ragionamento". Studia e fa pubblicazioni quindi non solo nel campo delle malattie infettive ma anche nell’epatologia, nella cardiologia e nell’ematologia. Quello che lo ha reso celebre è, però, la sua innata bravura nella semeiotica che lo rende il “diagnosta” per eccellenza. Gli aneddoti sulla sua capacità di cogliere i segni precoci di malattie si sprecano: fu l’unico a diagnosticare, attraverso la sola lettura dei bollettini medici,un cancro alla pleura a papa Leone XIII (e su questo pubblica nel 1903 un articolo); fece diagnosi di tubercolosi laringea ad un cantante ascoltando la sua voce durante un concerto e diagnosticò un aneurisma dell'aorta ad un pescivendolo semplicemente ascoltando le sue grida. Assume i contorni della leggenda anche un famoso scherzo che gli fu fatto: alcuni colleghi invidiosi gli fecero visitare un altro collega che si fingeva ammalato. Egli, dopo un attento esame, diagnosticò una nefrite cronica e prognosticò pochi giorni di vita al paziente. Quando i colleghi gli rivelarono la burla, Cardarelli non si scompose minimamente: 7 giorni dopo il finto paziente morì davvero di nefrite cronica.

All’apice della carriera, divenne medico di fiducia di imponenti personalità del tempo come Garibaldi, Vittorio Emanuele II, Umberto I, Giuseppe Verdi, Benedetto Croce, e vinse anche la cattedra come ordinario di Patologia Medica, creando una scuola medica, vera fucina di talenti della medicina tra cui spicca il nome di un altro grande: San Giuseppe Moscati. Su di esso Cardarelli disse che in 60 anni non aveva mai visto un genio simile e lo scelse come suo medico curante. Pur avendo avuto un rapporto alternante con la Fede, la ritrovò in tarda età ed ebbe ottimi rapporti con Padre Agostino Gemelli, che divenne suo confessore.

A completare questo già esaltante quadro non va dimenticata una intensa e sincera attività politica: fu investito della carica di rappresentante parlamentare nel corso di molteplici legislature nel Regno d'Italia, aderendo alla corrente liberale.

Rimane in attività fino alla veneranda età di 93 anni e questo fu reso possibile grazie alla legge Casati del 1959: a tal proposito si narra che in punto di morte fu visitato dal chirurgo Giovanni Pascale, che era stato suo alunno. Cardarelli lo apostrofò "siete venuto a vedere Cardarelli che muore?" ma Pascale lo assicurò che sarebbe sopravvissuto. Cardarelli invece gli rispose "Caro Pascale questa è l'ultima diagnosi che faccio e non la sbaglio: Io muoio". Oggi il suo nome campeggia all’ingresso del più grande ed importante nosocomio pubblico del meridione ad eterna memoria di un uomo che ebbe la coerenza di vedere il suo mestiere come una missione e la bravura di trasformare questa missione in leggenda.

Napoli, una Vita da Medico: VINCENZO MONALDI

Situato in uno dei punti più alti della città (e non è un caso, come vedremo) l'Ospedale intitolato a Monaldi è oggi uno dei principali della nostra città. La storia dell'uomo che gli ha dato il nome, però, non inizia a Napoli bensì in un piccolo borgo chiamato Monte Vidon Combattente, in provincia di Ascoli Piceno. Qui nasce, nel 1899 Vincenzo da famiglia di umili contadini. Dopo aver preso parte, giovane studente, alla prima guerra mondiale (ricevette anche una croce di guerra), conseguì a 26 anni la laurea in medicina dedicandosi immediatamente dopo alla ricerca nel campo della tubercolosi e delle malattie dell’apparato respiratorio. Nel primo dopoguerra affiancò all’attività medica anche quella politica,in un connubio che con i suoi pro e i suoi contro caratterizza tutt'ora la Sanità Italiana. Già da giovanissimo infatti era stato eletto, appena ventenne!, sindaco della sua piccola cittadina per il Partito Popolare di Don Sturzo. Nel 1948 fu invece eletto per la prima volta al Senato nelle liste DC e la sua carriera politica lo portò ad essere nominato Alto Commissario per l’igiene e la sanità. Da tale incarico fu chiamato, nel secondo governo Fanfani (1958-1959), ad essere Ministro della sanità, il primo nella storia della Repubblica. Sono state di sua iniziativa importanti provvidenze riguardanti l’opera della Previdenza Sociale, il trattamento economico dei malati e delle loro famiglie e la loro riqualificazione professionale. Parallelamente andava avanti la sua carriera medica: nell’Ottobre del 1952 la Facoltà Medica dell’Università di Napoli lo chiamava a coprire la Cattedra Ufficiale di Tisiologia ed è proprio a Napoli che continuò le sue ricerche, ricevendo prestigiosi incarichi, tra cui spicca ovviamente la direzione dell’Istituto sanatoriale "Principe di Piemonte", dove fondò, diresse e valorizzò la Scuola di specializzazione in tisiologia. Questo sanatorio è l'attuale Ospedale Monaldi e la sua posizione, come detto all'inizio, non è casuale: all'epoca infatti si ritenne necessario costruire un ricovero per malati di TBC in un luogo dall'aria salubre e la parte alta della città di Napoli sembrò essere la migliore da questo punto di vista. Nel frattempo fondò la rivista "Archivio di tisiologia" e, nel campo della ricerca sulle patologie della tubercolosi, ricevette apprezzamenti anche fuori Italia: fu infatti nominato membro della Reale Società di Medicina di Londra e di varie Accademie di medicina in Germania. Molti interventi terapeutici, noti ed applicati dovunque in quell'epoca, recavano il suo nome, come la toracoplastica antero-laterale e la detenzione progressiva per la cura degli empiemi. Ma il nome di Monadi è soprattutto legato al metodo dell’Aspirazione Endocavitaria che divenne uno dei presidi più importanti per la cura della TBC: essa consiste nella fissione attraverso la parete toracica di un sondino che penetra in una caverna sotto la guida dello schermo radioscopico, collegato ad un apparecchio aspirante. L'aspirazione drena il materiale patologico intracavitario all'esterno, e favorisce la cicatrizzazione che spesso è completa. Di forte e convinto credo cattolico, intese la sua attività al servizio della scienza e del prossimo: significativi al proposito alcuni passaggi del suo testamento spirituale, quando parla del "patrimonio di ordine scientifico, umano e cristiano" costituito lungo la sua vita "in un’ansia perenne di elevazione culturale, professionale e spirituale per il bene dei nostri fratelli sofferenti e per la gloria di Dio". Ritiratosi dalla vita politica, sempre vicino alla Scuola da lui creata, morì a Napoli nel 1969.

Napoli, una Vita da Medico: DOMENICO COTUGNO

Altra rilevante personalità medica settecentesca napoletana, contemporaneo e successore di Cirillo, avrà anche maggiore successo nella vita. nasce nel 1736 a Ruvo di Puglia (BA), per poi laurearsi in Medicina nella Scuola Medica Salernitana. brillante, già a 30 anni, nel 1766, ottenne all’ospedale degli Incurabili la cattedra di anatomia, che manterrà fino al 1818. la sua carriera scientifica e universitaria è felice, e non risente degli sconvolgimenti politici e culturali che caratterizzano questi anni (Rivoluzione partenopea, occupazione napoleonica), tanto da diventare nel 1811 Rettore della Real Università di Napoli.

fu brillante dal punto di vista scientifico, come anatomista e chirurgo, descrivendo per primo alcune particolari strutture anatomiche, in particolare dell’Orecchio interno, dimostrando l’esistenza del Liquido cefalorachidiano (Liquor Cotumnii) e dell’Albuminuria nei soggetti con malattie dei Reni, preoccupandosi di alcuni frequenti disturbi, come la Sciatica. forte dell’influenza illuminista, ebbe sempre modo di dare un Fine ai suoi studi, ritenendo che la medicina  dovesse avere una spiccata utilità pratica, tanto da differire per questo molto da altre Scienze. in questo senso, la sua opera più importante è “De lo Spirito della Medicina”. 

come persona, rispetto ad alcuni suoi contemporanei, Cotugno ebbe sempre l’attenzione di tenersi lontano dalla politica attiva, così da succedere a Cirillo come Medico di Corte dei Borbone nel 1799 (e lo era già della corte di Germania e Austria, medico) e poi diventare Rettore della Università. Forse per questo fu più fortunato di altri, oltre che per essere brillante dal punto di vista scientifico, tanto che gli fu assegnato un ospedale (Gesù e Maria), che oggi lo ricorda con la via in cui affaccia. Per i posteri anche il ricordo è stato più mite e meno sofferto di altri, come Cirillo, tanto che oggi un importante ospedale di Napoli dedicato alle malattie infettive porta il suo nome.

Napoli, una Vita da Medico: DOMENICO CIRILLO

Nato a Grumo Nevano (Na) nel lontano 1739, viene ricordato come medico e martire della repubblica partenopea. 

nel Settecento Napoli era una importante città europea, difficile a credersi, ma faro di cultura e scienza assieme a pochi altri centri in Europa. In questo contesto, Domenico Cirillo a soli 20 anni si laurea in Medicina all’Università di Napoli, ma dall’anno dopo passa ad insegnare Botanica, insegnamento che caratterizzò gran parte della sua vita e attività scientifica, e che manterrà fino al 1789, quando tornò all’ospedale degli Incurabili, centro nevralgico della scuola medica napoletana, per insegnare Medicina pratica. In tutta la sua attività, rilevante è questo connubio tra mondo medico e mondo botanico-naturalistico. Nel primo ebbe modo di diventare anche Medico di Corte di Ferdinando IV, prestigiosissimo incarico, ma Cirillo aveva sempre a cuore la sua popolazione e le sue sofferenze, per cui si impegnò moltissimo nel sociale, sia come attivista, sia scientificamente, concentrando molto dei sui sforzi verso quelle malattie che più erano diffuse tra i ceti meno abbienti, come la Lue (morbo gallico) e la Tisi. Da un punto di vista più scientifico fu coinvolto nel fermento intellettuale dell’epoca, guidato dalla prima generazione di illuministi; aveva rapporti con Diderot, Voltair, Rousseau, e altri, e si applicò molto sullo studio delle piante: numerose descrizioni e classificazioni, in linea con quelle proposte dai colleghi francesi all’avanguardia all’epoca. In particolare l’interesse per botanica e medicina lo portò a studiare i farmaci, dove testò numerosi medicamenti di origine animale e vegetale, per arrivare alla conclusione che appena un decimo dei farmaci disponibili avevano realmente effetto, degli altri l’effetto era sostanzialmente superstizione. Era quindi molto conosciuto e apprezzato per le sue conoscenze terapeutiche. Da un punto di vista politico era amico degli intellettuali che furono la guida spirituale della rivoluzione partenopea, come Gennaro Serra, Eleonora Pimentel de Fonseca, Mario Pagano e altri. Quando avvenne l’occupazione francese, nel 1799, non esitò quindi, come invece altri esponenti del panorama medico e scientifico suoi colleghi, a prendere parte alla rivoluzione. firmò diverse leggi, e soprattutto diede il suo contributo, scrivendo molto sulle condizioni igieniche delle carceri, antesignano e ispiratore di future riforme napoleoniche in tutta Europa.

Come forse tutti i fautori della Rivoluzione Partenopea, era a conoscenza del fatto che una ventata di entusiasmo non avrebbe portato a veri cambiamenti, come infatti fu, ma comunque vi si impegnò col grande Animo che lo contraddistingueva, addirittura fondando una Cassa di Soccorso a vantaggio di tutti i cittadini e riversandovi tutti i suoi beni.

Alla ritirata dei Francesi e al ritorno dei Borbone, nonostante un tentativo di fuga via mare, arrestato da Nelson, fu catturato e giustiziato assieme a tutti gli altri intellettuali che ne presero parte, nel 1799.

Alla sua morte ci fu un certo accanimento contro le sue idee e la sua opera, vennero bruciati tutti i suoi libri, lasciando poco dei suoi insegnamenti ai giovani contemporanei. rimane comunque un personaggio storico di Napoli, medico e martire della Repubblica partenopea, come viene ricordato con una importante Strada di Napoli.


domenica 5 aprile 2009

IPPOCRATE ED IL GIURAMENTO

Ippocrate (Cos, 460-380 a.C.) è considerato il Padre della Medicina occidentale. Figlio del Medico Eraclide, notizie autorevoli sulla sua esistenza si hanno da Platone ed Aristotele. Sappiamo che viaggiò molto, come del resto era uso all'epoca per le persone di cultura ed anche per i medici. Sotto il suo nome sono giunti a noi una grande quantità di opere, riunite nel Corpus Hippocraticum. Il contesto in cui visse ed operò era quello della Grecia nel V secolo a.C., dove in tante piccole poleis esistevano numerosi centri di cultura, in un ambiente però estremamente diverso da quello odierno, principalmente agricolo, naturale, con la maggior parte della popolazione contadina, piccoli commercianti, schiavi, che erano ovviamente del tutto estranei a questo fermento culturale.
In Grecia, in età classica, si sono gettate le basi di numerose Arti, Scienze, Discipline, fondamentalmente grazie a quella particolare Forma Mentis per cui si incominciò ad approcciarsi a tutti i fenomeni visibili senza darne ad ognuno una giustificazione trascendentale, divina, ma piuttosto cercando nella Natura stessa rapporti di causa ed effetto di modo da poter trovare una spiegazione razionale per ogni fenomeno sperimentale. Ippocrate, non da solo, è il simbolo della scelta anche nel mondo medico di abbandonare l’idea del divino e ricercare una causa razionale per l’origine delle malattie. L'importanza di Ippocrate non è solo quella di aver tramandato questo differente approccio, nel tempo abbandonato ma che ripreso nel Rinascimento è ancora oggi il modello di pensiero utilizzato, ma anche quello di essere stato un bravissimo medico. Infatti, se anche i mezzi dell' epoca non potevano consentirgli di conoscere la fisiopatologia e le cause delle malattie, o di stabilire una cura adatta, si adoperò moltissimo nel descrivere tutti i quadri patologici, il che gli consentì e di formulare teorie sull'origine delle malattie, e soprattutto di stabilire prognosi accurate. Questa seconda cosa, unitamente ad una grande attenzione nei confronti del paziente, del malato, della sua sofferenza, consentiva al Medico preparato di distinguersi dai tanti guaritori impostori, e di ottenere la fiducia del paziente. Il terzo grande merito di Ippocrate fu quello di affiancare ad un approccio razionale, quasi scientifico, allo studio delle malattie, una condotta etica adeguata a quella del medico. Oggi di Ippocrate infatti più che i suoi trattati di medicina ci viene tramandato il Giuramento, ancora insegnato nelle università italiane.
Il motivo sta nel fatto che una condotta morale precisa per il Medico, un determinato atteggiamento nei confronti del malato, sinteticamente riuniti nel Giuramento, erano necessari per ottenere la fiducia del malato, elemento individuato come indispensabile per la riuscita della guarigione.
Chi c'era prima di Ippocrate? con chi si confrontava? tralasciando la medicina egizia, babilonese o cinese, precedente, anche in Grecia la figura medica aveva un corrispettivo divino, Esculapio. Templi dall'aspetto solenne, atmosfera sacrale, in posizioni salubri, in un contesto mistico, in devozione ad Esculapio ed alle sue figlie, Igea e Panacea, unendo incantesimi, formule magiche, serpenti che guariscono le ferite, erano il massimo disponibile. Una malattia considerata come una iattura divina, solo col contributo divino poteva essere guarita.
Ma in Grecia nel V secolo si affermò un fermento culturale razionalista e naturalista, che coinvolse numerose figure in tutti i campi dello scibile. Circa la medicina, affianco ad Ippocrate in tanti cercavano di scoprire le Cause delle Malattie. Le due scuole di pensiero principali avevano sede nelle isole di Cnido e Cos. La seconda, la scuola di Ippocrate, ebbe maggiore successo, presumibilmente non per i differenti risultati raggiunti sulla conoscenza delle malattie, ma per un approccio diverso. Come dopo approfondiremo, Ippocrate più che della malattia è del malato che si preoccupò.
Le sue teorie sulle origini delle malattie sono oggi effettivamente stravaganti: sostanzialmente per Ippocrate esisteva una sorta di equilibrio tra gli umori dell'organismo, e quando questi si alteravano, potevano comparire le malattie.
I 4 umori sono sangue, bile gialla, bile nera (sangue rappreso), flemma (espettorato), ed ognuno di questi risale ad uno dei 4 elementi fondamentali, fuoco aria terra acqua, e, quindi le 4 qualità fondamentali, caldo, freddo, asciutto, umido.
Il variare delle stagioni (caldo umido etc) rendeva conto della differente prevalenza di malattie in periodi diversi (ex diarree d'estate, raffreddori influenza polmoniti d'inverno), cosi come della presenza in certe aree di maggiori frequenza di certi quadri. Naturalmente a queste influenze naturali si sovrapponeva, nel determinismo dell'alterazione umorale, e quindi della malattia, la costituzione della persona malata.
L'osservazione di Ippocrate era corretta, piuttosto la teoria eziopatogenetica discutibile. Ma non aveva a disposizione grandi mezzi di ricerca, e, per quanto fantasiose potessero essere le sue teorie sull'origine delle malattie, rappresentano comunque un tentativo razionale di dare spiegazione ad una malattia, basato sull'osservazione del quadro sindromico. Ripetiamo, per Ippocrate, non esiste possibilità che un fenomeno visibile, come la malattia, abbia origine o spiegazione divina. Molto significativo, a questo proposito, è il suo scritto proprio sulla Malattia Sacra (cosi era nota, all'epoca, l'Epilessia).
L'arte di Ippocrate come medico quindi non consiste tanto nell'aver spiegato l'origine delle malattie, quanto nell'aver fatto dell'osservazione, registrazione e catalogazione di segni e sintomi, quadri sindromici, la base della sua attività, tanto da aver primo lui descritto numerose malattie (Tisi, Peritoniti, Itteri, Calcoli, Gotta...). Tutto questo gli consentiva di stabilire la prognosi con buona attendibilità. Questo, unitamente ad una profonda morale medica, fece di lui e dei medici della sua scuola un nome imperituro.
La scuola di Ippocrate, inoltre, come già anticipato, ebbe grande successo per il fatto che oltre che sulle malattie, molto spazio diede al rapporto medico paziente; le terapie proposte prevedevano un connubio medico paziente, una collaborazione di quest'ultimo necessaria per ottenere la guarigione. Se infatti non si poteva identificare una causa di malattia, molto del trattamento dell'epifenomeno principale della malattia, la sofferenza, poteva (e può ancora oggi) avvalersi molto di un buon rapporto tra il medico ed il paziente. Anche in questo, e con maggiori risultati per i posteri, risulta quindi determinante l'insegnamento di Ippocrate.
Difatti, secondo Ippocrate, "Alcuni pazienti, pur consapevoli della gravita delle loro condizioni, guariscono grazie alla fiducia che nutrono nella bontà del loro medico".
Infine, per l’elevato valore morale che deve possedere un medico per esercitare, Ippocrate ritenne necessario un Giuramento per iniziare la professione. Questo contiene una serie di principi di altissimo valore morale sulla condotta del medico; in aggiunta a questi ci sono una serie di precetti cui il medico deve attenersi. Ci rendiamo conto di quanto potesse essere valido ricercare tale moralità, specialmente per il medico, e questo lo ha reso nei secoli sempre attuale. Per prima cosa notiamo che non è un giuramento davanti alla divinità, invocata invece come tradizione in senso generale a proteggere il medico (come si potrebbe forse approfondire altrove, per gli intellettuali greci la divinità era un piacevole colore delle loro attività, ma ben distante dal determinare realmente l'esito dei comuni giorni).
Tra i precetti comportamentali Ippocrate si esprime contro l'aborto, contro l'eutanasia, e contro la cura dei calcoli.
In letteratura non esiste concordia nella valutazione del Giuramento. Affianco a principi di grande valore nell'agire medico, come il non profittare di questa posizione, il garantire l'insegnamento primo dovere di ogni medico, il riservarlo a persone adatte, l'impegno contro la sofferenza, che senso hanno tre prescrizioni pratiche e non generiche come queste? non possiamo sapere il vero motivo di questa proscrizione cosi precisa. Si potrebbe ipotizzare che facessero parte di un convincimento morale di Ippocrate o più in generale della scuola di Cos, ma non riusciamo a collocarlo nel pensiero intellettuale greco del tempo. Val la pena riflettere su di un punto: le tre proscrizioni (aborto, eutanasia, cura dei calcoli) non sono discordi. Probabilmente hanno una Ratio comune. Ritornando alla situazione culturale greca, Ippocrate è stato un grande medico per varie intuizioni e soprattutto per il suo atteggiamento medico, ma non era l'unico medico, l'unica scuola ad avere adottato quella Forma Mentis nostra progenitrice. La Grecia, anche da un punto di vista intellettuale, cosi come politico, è stata caratterizzata da un notevole individualismo. E' pensabile quindi che differenti scuole avessero differenti morali. Se nell'isola di Cos era proscritta l'eutanasia, probabilmente nell'isola di Cnido era vero il contrario. Il valore di Ippocrate non sta in questa semplice proscrizione però. La Ratio comune di queste tre proscrizioni, in linea con l'orientamento della scuola di Cos, potrebbe essere più che imposizione morale di presunta origine religiosa invece la scelta di prendere le distanze da qualunque atto paramedico che potesse dare origine a sofferenza, concentrando tutti gli sforzi invece solamente verso quello che le poteva lenire. In questo senso, si comprende il motivo di astenersi da tali atti che probabilmente allora avrebbero provocato grande sofferenza (pensiamo ad un aborto artigianale senza antisepsi oppure ad una operazione di chirurgia generale come la rimozione di calcoli senza anestesia..). In questo senso, ancora una volta capiamo il motivo per cui la scuola di Ippocrate lasciò un segno profondo nell'immaginario collettivo dell'epoca, portando a noi tantissime opere postume attribuitegli, tantissime fantasiose biografie trasformandolo in un personaggio leggendario.
Per noi è il simbolo della scelta di lasciare il mondo mistico e divino e concentrarsi con la ragione sull'analisi dei fenomeni naturali, osservabili e riproducibili, ed è il nostro maestro di un approccio medico paziente fondato non solo sula cura della malattia ma prima di tutto del paziente, sull'alleviamento della sofferenza, su una profondissima etica medica assolutamente necessaria dato il momento di forte bisogno del paziente, e per offrirgli le migliori cure, e per garantirgli la professionalità.
Una impronta indelebile nella storia della medicina, attualissimo sia per il suo approccio scientifico che per il contenuto morale.

Dei tanti scritti giuntici col suo nome, alcuni realmente attribuitigli, altri più probabilmente plagi di successori, uno dei più interessanti è proprio quello Sulla Malattia Sacra, di cui riportiamo le prime righe:
"Intorno alla cosiddetta malattia sacra le cose stanno come segue: [sotto nessun riguardo mi sembra essere piu divina delle altre malattie ne piu sacra; ma una natura ha anche il resto dei morbi, da cui essi risultano, ed una natura ha essa ed una causa;] gli uomini la considerano un fatto divino per mancanza di risorse e per il suo carattere sorprendente, in quanto in niente rassomiglia ad altri morbi. e nella loro mancanza di risorse a conoscerla, si salva questo fattore divino, ma nel modo pieno di risorse del trattamento con cui la curano, esso si viene a perdere, [in quanto la curano con purificazioni ed incantamenti]. se poi per il suo elemento sorprendente si considererà divina, molti saranno i morbi sacri per questo motivo, chè, come io mostrerò, altri morbi non sono meno sorprendenti nè meno stupefacenti, i quali nessuno considera essere sacri...."
anche affascinante è un altro passo, dello stesso libro, sulla descrizione di un quadro patologico:
"la degenerazione del cervello sopravviene per via del flegma e della bile. li riconoscerai entrambi così: quelli che impazziscono per il flegma sono tranquilli e non gridatori nè turbatori, mentre quelli per via della bile, urlatori, perversi e non pacifici, ma che sempre compiono qualcosa di inopportuno. nel caso che dunque la pazzia sia continua, queste sono le ragioni. nel caso che terrori e paure si presentino, è per via d'uno spostamento del cervello; si sposta quando si riscalda, e si riscalda per via della bile..."

Bibliografia:
Sherwin B. Nuland Storia della Medicina ed. Oscar Mondadori
Ippocrate Testi di Medicina Greca ed. BUR
G.Monaco M.Casertano G.Nuzzo L'Attività letteraria nell'antica Grecia ed. Palumbo
M.Casertano G.Nuzzo La Produzione letteraria nell'antica Grecia ed. Palumbo
Wikipedia

venerdì 3 aprile 2009

Presentazione

In questo Sito-Blog ci proponiamo di proporre e analizzare i temi della Storia della Medicina. L'Obiettivo è di ricostruire i principali  protagonisti di importanti scoperte, i medici più famosi, i principali passaggi nella Storia, ed anche di rivivere l'atmosfera del mondo medico di certe civiltà, di valutare il loro insegnamento e quanto di questi è arrivato a noi. Crediamo che ogni persona affascinata da una Arte come da una Scienza sia poi incuriosita a conoscere il modo in cui questa è arrivata a noi, il modo in cui è evoluta, è cambiata. E crediamo anche, più specificamente, che conoscere i grandi personaggi del passato della Medicina, il senso di certe scoperte, gli sforzi perchè certe intuizioni si affermassero come tali, il peso morale di alcuni di questi personaggi, possa contribuire alla formazione morale di un medico, condizione senza la quale la conoscenza scientifica di un laureato in medicina e chirurgia non sarebbe sufficiente ad agire da buoni medici. Noi siamo studenti e, pur sperando ovviamente di coinvolgere quante piu persone possibili, universitarie ed extrauniversitarie, del mondo medico e non, non possiamo pretendere di raggiungere la completezza d'analisi e l'ordine di un trattato sull'argomento. Abbiamo pero fiducia che il nostro entusiasmo, la nostra preparazione, la partecipazione di chi ci legge, al quale è possibile contribuire nel nostro lavoro, commentando ed aggiungendo appunti agli articoli, segnalandoci temi da sviluppare o collaborando attivamente, la scelta di un media nuovo, possa portarci ad un buon lavoro, corretto contenutisticamente, e riuscire nel nostro intento. Speriamo che la scelta di approfondire argomenti differenti sfruttando le disponibilità del momento, senza rispettare criteri di temporalità non comprometta la chiarezza dei passaggi che andremo ad illustrare.
nelle migliori speranze,
gli autori del progetto