Il mito di Antonio Cardarelli, Napoli,1923: Siamo a Via Costantinopoli, una folla festante trascina una carrozza con dentro un vecchio signore, minuto ma elegante che sorride, con i suoi baffetti bianchi, alla gente che lo osanna. Si chiama Antonio Cardarelli e quando, 4 anni dopo, muore di vecchiaia la gente si riversa ancora per strada per recare un ultimo saluto al più famoso medico che Napoli abbia mai ospitato.
Cosa ha fatto di straordinario quest’uomo per essere così glorificato, sia in vita sia dopo?
Antonio Cardarelli non nasce a Napoli ma a a Civitanova del Sannio (IS) il 29 marzo 1831 da Urbano e da Clementina Lemme. Fa i primi studi nel seminario di Trivento, poi si trasferisce a Napoli, dove si laurea in medicina ad appena ventidue anni. Si presenta, subito dopo, al concorso per assistente presso l'Ospedale degli Incurabili e in quell'occasione nella sua dissertazione sulla scabbia, sostiene per primo l'origine parassitaria della malattia. I suoi interessi e le sue competenze spaziano in ogni campo della Medicina e in ognuna di esse lascia molto spesso contributi originali. Alla base della sua bravura c'è un metodo che egli stesso condensa in due parole "OBSERVATIO ET RATIO: prima l'osservazione e poi il ragionamento". Studia e fa pubblicazioni quindi non solo nel campo delle malattie infettive ma anche nell’epatologia, nella cardiologia e nell’ematologia. Quello che lo ha reso celebre è, però, la sua innata bravura nella semeiotica che lo rende il “diagnosta” per eccellenza. Gli aneddoti sulla sua capacità di cogliere i segni precoci di malattie si sprecano: fu l’unico a diagnosticare, attraverso la sola lettura dei bollettini medici,un cancro alla pleura a papa Leone XIII (e su questo pubblica nel 1903 un articolo); fece diagnosi di tubercolosi laringea ad un cantante ascoltando la sua voce durante un concerto e diagnosticò un aneurisma dell'aorta ad un pescivendolo semplicemente ascoltando le sue grida. Assume i contorni della leggenda anche un famoso scherzo che gli fu fatto: alcuni colleghi invidiosi gli fecero visitare un altro collega che si fingeva ammalato. Egli, dopo un attento esame, diagnosticò una nefrite cronica e prognosticò pochi giorni di vita al paziente. Quando i colleghi gli rivelarono la burla, Cardarelli non si scompose minimamente: 7 giorni dopo il finto paziente morì davvero di nefrite cronica.
All’apice della carriera, divenne medico di fiducia di imponenti personalità del tempo come Garibaldi, Vittorio Emanuele II, Umberto I, Giuseppe Verdi, Benedetto Croce, e vinse anche la cattedra come ordinario di Patologia Medica, creando una scuola medica, vera fucina di talenti della medicina tra cui spicca il nome di un altro grande: San Giuseppe Moscati. Su di esso Cardarelli disse che in 60 anni non aveva mai visto un genio simile e lo scelse come suo medico curante. Pur avendo avuto un rapporto alternante con la Fede, la ritrovò in tarda età ed ebbe ottimi rapporti con Padre Agostino Gemelli, che divenne suo confessore.
A completare questo già esaltante quadro non va dimenticata una intensa e sincera attività politica: fu investito della carica di rappresentante parlamentare nel corso di molteplici legislature nel Regno d'Italia, aderendo alla corrente liberale.
Rimane in attività fino alla veneranda età di 93 anni e questo fu reso possibile grazie alla legge Casati del 1959: a tal proposito si narra che in punto di morte fu visitato dal chirurgo Giovanni Pascale, che era stato suo alunno. Cardarelli lo apostrofò "siete venuto a vedere Cardarelli che muore?" ma Pascale lo assicurò che sarebbe sopravvissuto. Cardarelli invece gli rispose "Caro Pascale questa è l'ultima diagnosi che faccio e non la sbaglio: Io muoio". Oggi il suo nome campeggia all’ingresso del più grande ed importante nosocomio pubblico del meridione ad eterna memoria di un uomo che ebbe la coerenza di vedere il suo mestiere come una missione e la bravura di trasformare questa missione in leggenda.
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