Nato a Grumo Nevano (Na) nel lontano 1739, viene ricordato come medico e martire della repubblica partenopea.
nel Settecento Napoli era una importante città europea, difficile a credersi, ma faro di cultura e scienza assieme a pochi altri centri in Europa. In questo contesto, Domenico Cirillo a soli 20 anni si laurea in Medicina all’Università di Napoli, ma dall’anno dopo passa ad insegnare Botanica, insegnamento che caratterizzò gran parte della sua vita e attività scientifica, e che manterrà fino al 1789, quando tornò all’ospedale degli Incurabili, centro nevralgico della scuola medica napoletana, per insegnare Medicina pratica. In tutta la sua attività, rilevante è questo connubio tra mondo medico e mondo botanico-naturalistico. Nel primo ebbe modo di diventare anche Medico di Corte di Ferdinando IV, prestigiosissimo incarico, ma Cirillo aveva sempre a cuore la sua popolazione e le sue sofferenze, per cui si impegnò moltissimo nel sociale, sia come attivista, sia scientificamente, concentrando molto dei sui sforzi verso quelle malattie che più erano diffuse tra i ceti meno abbienti, come la Lue (morbo gallico) e la Tisi. Da un punto di vista più scientifico fu coinvolto nel fermento intellettuale dell’epoca, guidato dalla prima generazione di illuministi; aveva rapporti con Diderot, Voltair, Rousseau, e altri, e si applicò molto sullo studio delle piante: numerose descrizioni e classificazioni, in linea con quelle proposte dai colleghi francesi all’avanguardia all’epoca. In particolare l’interesse per botanica e medicina lo portò a studiare i farmaci, dove testò numerosi medicamenti di origine animale e vegetale, per arrivare alla conclusione che appena un decimo dei farmaci disponibili avevano realmente effetto, degli altri l’effetto era sostanzialmente superstizione. Era quindi molto conosciuto e apprezzato per le sue conoscenze terapeutiche. Da un punto di vista politico era amico degli intellettuali che furono la guida spirituale della rivoluzione partenopea, come Gennaro Serra, Eleonora Pimentel de Fonseca, Mario Pagano e altri. Quando avvenne l’occupazione francese, nel 1799, non esitò quindi, come invece altri esponenti del panorama medico e scientifico suoi colleghi, a prendere parte alla rivoluzione. firmò diverse leggi, e soprattutto diede il suo contributo, scrivendo molto sulle condizioni igieniche delle carceri, antesignano e ispiratore di future riforme napoleoniche in tutta Europa.
Come forse tutti i fautori della Rivoluzione Partenopea, era a conoscenza del fatto che una ventata di entusiasmo non avrebbe portato a veri cambiamenti, come infatti fu, ma comunque vi si impegnò col grande Animo che lo contraddistingueva, addirittura fondando una Cassa di Soccorso a vantaggio di tutti i cittadini e riversandovi tutti i suoi beni.
Alla ritirata dei Francesi e al ritorno dei Borbone, nonostante un tentativo di fuga via mare, arrestato da Nelson, fu catturato e giustiziato assieme a tutti gli altri intellettuali che ne presero parte, nel 1799.
Alla sua morte ci fu un certo accanimento contro le sue idee e la sua opera, vennero bruciati tutti i suoi libri, lasciando poco dei suoi insegnamenti ai giovani contemporanei. rimane comunque un personaggio storico di Napoli, medico e martire della Repubblica partenopea, come viene ricordato con una importante Strada di Napoli.
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